Pippo Delbono e il suo Vangelo

Pippo Delbono continua con successo il suo percorso di introspezione e scandagliamento dell’anima umana con Vangelo. E già nel titolo, che fa rirferimento alle sacre scritture, ritorna quella componente indubbiamente escatologica che è dovuta alla presenza/assenza della madre, già protagonista assoluta di Orchidee.
Le sacre scritture rappresentano anzi il leitmotiv della drammaturgia di questo spettacolo evocato per gioco dalla curiosità materna ("Pippo perché non fai uno spettacolo sul Vangelo?") nei confronti di un figlio prodigo di eccellenti risultati e successi: è così che la madre, prima di andarsene per sempre, sprona il figlio ad avventurarsi in un terreno nuovo "teatralmente" seppur ben conosciuto.
Il Vangelo ha rappresentato una materia piuttosto familiare per il "giovane" Delbono. Infatti, come racconta spesso, da piccolo frequentava assiduamente le messe e faceva anche servizio da chirichetto. Quel mondo è, nei suoi ricordi, apparentemente popolato solo da uomini.
Proprio qui il regista ha imparato i primi rudimenti dell’amore fraterno: e allora come non citare il Vangelo per attualizzare una situazione al contrario di mancata solidarietà verso i nuovi poveri, i nuovi deboli, verso gli Immigrati, che nell’immaginario di Delbono sono senza ombra di dubbio delle figure molto più che "cristologiche"?
Nello spettacolo l’elemento più realistico e anche di grande tensione risulta essere proprio il racconto del giovane profugo afghano sopravvissuto in mare e testimone della morte di molti suoi compatrioti.
Non è un caso che il regista si opponga, dichiarandolo, alla concezione pasoliniana del Cristo cattolico, nell’accezione più ecumenica, e ne preferisca una "leggera" nonché musicale, evocata da una vera e propria sequenza di Jesús Christ Super Star, citazione del noto musical, in cui tutto assume un aspetto irriverente e gioioso.
A parte le citazioni colte come Schumann all’inizio e l’hippy Jesús, il perno musicale dello spettacolo è rappresentato dalle sonorità di Enzo Avitabile, che unisce e avvolge atmosfere intense, seppur molto diverse tra loro e frammentate.
Le parole delle sacre scritture vengono in Vangelo destrutturate della loro funzione e riabilitate in una nuova realtà semantica, descrivendo un unicum emozionale che unisce più aspetti dell’umanità emersa nell’opera di Delbono.
Realizzato in collaborazione con il Teatro Nazionale croato di Zagabria, Vangelo ci appare come un omogeneo e sensibile collage di più entità, in cui le disabilità degli ormai storici attori rappresentano sempre di più la forza dell’impianto registico e in cui il sacro si unisce al profano producendo reazioni inevitabili, a volte anche piuttosto violente e in disaccordo con le intelligenti provocazioni dello spettacolo.
Le distonie e le anomalie sonore assieme alle immagini del film firmato sempre da Delbono, ci conducono verso l’intuizione del pensiero autoriale in cui le parole del Vangelo cristiano assumono nuove e più realistiche sembianze, e in cui la forma finalmente coincide con dei contenuti facenti riferimento ad una realtà che avvicina l’umano al sacro nell’accezione più poetica del termine.
(Vangelo) Regia: Pippo Delbono ; drammaturgia: Pippo Delbono; musica: Enzo Avitabile ; scenografia: Claude Santerre ; interpreti: (Gianluca Ballarè), (Bobò), (Margherita Clemente), (Pippo Delbono), (Ilaria Distante, (Simone Gaggiano), (Mario Intruglio), (Nelson Lariccia), (Gianni Parenti), (Alma Prica), (Pepe Robledo), (Grazia Spinella), (Nina Violic), (Safi Zakria), (Mirta Zecevic); costumi: Antonella Cannarozzi.
