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Planet 51

Pubblicato il 23 novembre 2009 da Antonio Valerio Spera


Planet 51

Curioso ed interessante lo spunto che sta alla base di Planet 51, ultimo prodotto d’animazione firmato dagli autori di Shrek: ribaltare il punto di vista di E.T..
Se è vero che non siamo soli nell’universo, perché devono essere sempre gli abitanti di altri pianeti a sbarcare sulla Terra e non un umano ad approdare in un mondo popolato di personaggi verdi con tre dita ed orecchie a punta? Ecco dunque il capitano Chuck sbarcare sul pianeta 51 del titolo: ignaro di trovare un’intera popolazione di esseri verdognoli, atterra con la sua astronave nel giardino del giovane Lem, mentre quest’ultimo sta facendo un barbecue con la famiglia. Esce trionfante dalla sua navicella piantando la bandiera americana in segno di conquista; alla vista degli omini verdi il capitano scappa ed urla, così come E.T. fuggiva impaurito appena sbarcato sulla Terra. E’ una sequenza indubbiamente divertente, che mette in ridicolo lo stereotipo dell’eroe americano conquistatore e che dunque nasconde una critica ironica alla politica imperialistica degli States.
Questa sarcastica analisi socio-politica è latente in tutta l’opera: non solo si cela dietro la figura dell’astronauta, descritto come un semi-inetto che si diverte a fare l’imitazione di Terminator, ma anche dietro la rappresentazione dell’esercito alieno, che si fa simbolo di quello americano nella sua faciloneria a credere nelle stupide teorie di uno scienziato strampalato.
Oltre a questo sottotesto critico, Planet 51 si fa apprezzare per una messa in scena minuziosamente attenta ai dettagli. Gli autori e gli animatori non lasciano nulla al caso e creano un mondo totalmente nuovo curandone ogni minimo aspetto: dai vestiti alle staccionate dei giardini, dalle locandine dei film (i ragazzi vanno matti per il film Humaniacs, una versione extraterrestre di Alien) alle macchine volanti, dagli hamburger a forma di navicella alle bibite stellari. Il fascino dell’ambientazione risiede inoltre nella sua atmosfera, che ricorda gli anni ’50 e richiama alla mente, per colori e colonna sonora, il mitico American Graffiti di George Lucas.
E’ un’opera cinefila Planet 51. Il regista costella il film di citazioni cinematografiche. Non solo E.T., che è tenuto costantemente come punto di riferimento inverso, e non solo il film di Lucas. La lista potrebbe continuare ancora a lungo, passando per 2001: Odissea nello spazio e Incontri ravvicinati, arrivando fino a Cantando sotto la pioggia, nella sequenza in cui la piccola sonda, che assomiglia non poco a Wall-e, balla sotto una pioggia di pietre.
Gli spunti divertenti ed interessanti sono molti. Ma manca qualcosa al film per spiccare il volo. Ciò di cui si avverte pesantemente l’assenza è una costruzione narrativa capace di approfondire sui personaggi. La sceneggiatura non affonda mai nei sentimenti e provoca poche emozioni nello spettatore che non riesce ad instaurare un rapporto diretto con i protagonisti, tenuti troppo distanti. Troppo attenti alla confezione, gli autori si smarriscono in un racconto piatto, privo di picchi e punti di svolta significativi.
Manca uno sviluppo narrativo degno dello spunto che ne è alla base. Rimane solo il piacere per gli occhi. Ci accontentiamo, ma la piena soddisfazione è lontana anni luce. Come il pianeta 51.


CAST & CREDITS

(Planet 51) Regia: Jorge Blanco, Javier Abad; sceneggiatura: Joe Stillman; voci: Dwayne Johnson (capitano Chuck Baker), Jessica Biel (Neera), Justin Long (Lem), Gary Oldman (generale Grawl), Sean William Scott (Skiff), John Cleese (professor Kipple); produzione: Ilion Animation Handmade Films; distribuzione: Moviemax; origine:Spagna, Gran Bretagna; durata: 82’.


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