Poe - Discesa all’inferno
Roma, Teatro India – Poe - discesa all’inferno è un macabro e morboso gioco metateatrale che può essere considerato secondo diversi punti di vista. C’è, intanto, come già il titolo suggerisce, l’omaggio ad Edgar Allan Poe. In una doppia rappresentazione vengono messi in scena stralci della biografia del grande maestro del terrore. L’atmosfera, cupa e angosciante, è degna dei suoi racconti. Ma Poe- Discesa all’inferno, tralasciando i riferimenti letterari, può essere recepito, infatti, anche come il racconto di un estremo esperimento psicologico, una sorta di macabro reality show.
Tre donne vengono ingaggiate da un bizzarro e misterioso scrittore-drammaturgo paraplegico per mettere in scena la biografia di Poe. Brutalmente rinchiuse in una cantina sono sottoposte a ogni tipo di vessazione - dormono rinchiuse in gabbie, mangiano per terra come bestie, vengono violentemente insultate e seviziate. In questo stato di tensione portano avanti ‘le prove’ di questo singolare ed esclusivo spettacolo teatrale.
Lo scrittore-aguzzino, mente di questo diabolico piano, è un regista che impone alle tre donne un’applicazione crudele ed estrema del metodo Stanislavskij. In un continuo slittamento tra presente e passato, realtà e finzione, le tre attrici si abbandonano ad una sempre più totale immedesimazione in altrettante figure femminili che hanno fatto parte della vita di Poe. Attraverso un crudele gioco al massacro riaffiorano torbidi ricordi del loro vissuto che ora le donne si vedono costrette ad affrontare. Le loro esistenze, colpevoli e infelici, gradualmente si intrecciano con quelle dei loro personaggi fino a confondersi completamente.
Col passare del tempo è difficile stabilire cosa faccia soffrire maggiormente le tre donne. Se la prigionia, con tutta la sofferenza fisica e morale che essa comporta, o i terribili fantasmi del passato che, evocati dalla finzione scenica, non possono più essere scacciati. La loro potenza è tale che, più che nell’accettazione, l’unica soluzione sembra risiedere nell’annientamento finale. Lo spazio opprimente di una cantina, metafora di tutto ciò che ci intrappola e opprime, non lascia via di fuga. La capitolazione è inevitabile.
Un’atmosfera cupa ed opprimente cala fin da subito quando entrando in sala ci troviamo di fronte a delle gabbie con dentro costrette tre donne. L’unica via di fuga concessa allo spettatore è verso un altro spazio chiuso dove lo scrittore e il suo assistente (che nella messa in scena veste i panni di Poe) si consultano rendendoci gradualmente partecipi (ma mai, fino alla fine, pienamente consapevoli) del loro piano.
Testo scritto da Tommaso Basetti e Pierpaolo Brunoldi, risulta interessante in virtù di questo suo snodarsi (nel complesso anche in maniera abbastanza agile) su più livelli. E si dimostra essere una prova non facile per gli interpreti che tuttavia ne vengono fuori in maniera convincente. La musica originale di Matteo Ceccarelli con la sua cadenza martellante ed angosciante richiama il minimalismo di Philip Glass e senza dubbio contribuisce alla creazione della sinistra atmosfera di questa ‘discesa all’inferno’. Suggestivo e avvincente.
Autori: Tommaso Basetti e Pierpaolo Brunoldi; Regia: Antonio Santoro; Interpreti: Martino Duane, Maia Orienti, Riccardo Ballerini, Annamaria Zuccaro, Odette Piscitelli; Aiuto regia: Maia Orienti; Assistente alla regia: Pierpaolo Brunoldi; Costumi: Giusy Nicoletti; Ideazione spazio scenico: Antonio Santoro, Scenotecnica Retroscena; Musiche originali: Matteo Ceccarelli; Disegno luci:Anna Maria Baldini; Kadjia Production