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Poker Generation

Pubblicato il 13 aprile 2012 da Alessandro Boni
VOTO:


Poker Generation

Un terreno difficile e controverso per un’opera prima cinematografica: Gianluca Mingotto, già apprezzato autore di numerosi videoclip e spot pubblicitari, sceglie infatti di immergersi nelle sottili ambiguità che caratterizzano il mondo del poker sportivo, il “Texas Hold’em”, divenuto anche in Italia un vero fenomeno di massa attraverso il gioco on-line. Nel tentativo di raffigurare una realtà sempre in bilico tra il puro azzardo ed il calcolo matematico, il rischio era quello di addolcire i contorni dell’ennesima fabbrica di illusioni della società moderna; una potenziale trappola che può creare dipendenza tra i più giovani e sprovveduti, abbacinati dal miraggio del facile arricchimento. In effetti, sotto questo profilo, il fatto che nella vicenda narrata ci siano solo “vincenti” genera notevoli perplessità: il film infatti, pur cercando di raccontare con toni neutrali una storia di riscatto sociale, finisce giocoforza per trasformarsi in una sorta di operazione promozionale a favore del gioco.

All’interno di una famiglia molto povera in un paesino siciliano, vivono due fratelli estremamente diversi tra loro: Tony, estroverso e sfrontato, sogna di diventare giocatore professionista di poker; Filippo, chiuso a livelli di semi-autismo, è un ossessivo osservatore della realtà che lo circonda. La sorellina minore, Maria, è affetta da una patologia cronica che impone cure continue e costose, oramai insostenibili; contro il parere dei genitori, i due fratelli decidono di tentare la fortuna per racimolare i soldi necessari per le terapie. Si recano quindi a Milano per sedersi ai tavoli verdi più ricchi; inizieranno così un percorso che farà esplodere i loro contrasti fino a farli dividere, per poi ritrovarsi nell’ambito di un grande torneo a Malta.

Nella storia del cinema, non mancano illustri precedenti ambientati nel mondo del poker. Due su tutti si stagliano nella memoria: Cincinnati Kid, costruito sulla drammatica contrapposizione tra gioventù ed esperienza, e Regalo di Natale, ritratto impietoso di un’umanità alla deriva. Due film finemente lavorati sull’introspezione e sulla caratterizzazione dei personaggi ed in cui, tra l’altro, il gioco è visto nei suoi aspetti di mania, di ossessione che porta inevitabilmente verso il dissesto e l’autodistruzione. Al di là dell’opposto messaggio di natura “morale”, è sul piano dell’approfondimento degli aspetti psicologici che Poker Generation non regge il confronto coi suoi predecessori. I due protagonisti sembrano infatti abbozzati in maniera piuttosto grezza e non presentano sfumature in grado di renderli sufficientemente credibili; anche i dialoghi scivolano spesso nella banalità, peraltro non corroborati da una recitazione poco ispirata.

La regia stessa di Mingotto – che mostra peraltro buona padronanza tecnica – finisce poi per mettere in secondo piano la rappresentazione del pathos delle partite e lo stato d’animo dei giocatori; si riscontrano infatti varie sequenze in cui emerge, in modo quasi fastidioso, uno stile da videoclip che risulta poco adatto a raffigurare la battaglia di emozioni ed intelligenze che è l’essenza di ogni sfida a poker. Il film giunge quindi a configurarsi come una sorta di spot, un po’ troppo patinato ed “hollywoodiano”, di un mondo molto particolare, di cui tuttavia non riesce a catturare e ritrasmettere l’effettiva atmosfera.


CAST & CREDITS

(Poker Generation) Regia: Gianluca Mingotto; sceneggiatura: Fabrizio Crimi, Tiziano Cavaliere,Gianluca Mingotto, Noa Palotto; fotografia: Andrea Rainoldi; montaggio: Roberto Baeli; musica: Pino Di Pietro; scenografia: Fabio Vito, Marcello Michelini, Gianluca Cisternino; interpreti: Andrea Montovoli, Piero Cardano, Francesco Pannofino, Lina Sastri produzione: Bros Group Holding LTD; distribuzione: Iris Film; origine: Italia; durata: 96’.


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