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Predators

Pubblicato il 16 luglio 2010 da Alessandro Izzi
VOTO:


Predators

Che a Robert Rodriguez potessero piacere gli alieni coi rasta non è mai stato, per noi, motivo di particolare sorpresa.
Ad un regista (qui solo produttore, ma, ad onor del vero dei più convinti!) che ci ha deliziato con gli zombie di Planet terror e con le spie bambine che hanno più gadget di James Bond, un mostro giamaicano a caccia nella giungla doveva sembrare il non plus ultra dell’anarchia messicana a caccia di umorismo spesso e tosto.
Quando, quindi, tempo fa, disse che voleva produrre un ennesimo sequel di una serie nata stanca, salutammo la cosa con un certo piacere ed una punta di malcelate aspettative.
Rodriguez ci sembrava, infatti, il classico nome a braccetto colla sua garanzia. Ci aspettavamo valanghe di ironia, camionate di giochi, vagonate di trovate visive e narrative a far decantare la pochezza di un apparato narrativo così stantio che sapeva di già visto sin dal primo Predator di ormai qualche decennio fa. Ci aspettavamo che la macchina da presa prendesse a danzare con gli attori al ritmo di El mariachi, con le sequenze aeree che disegnavano strane geometrie nel corpo dell’inquadratura. E la convinzione cresceva man mano che le indiscrezioni sul set venivano centinellate alla stampa per tener desta l’attenzione di un pubblico distratto.
Quando poi abbiamo visto che nel cast c’era, pure, oltre all’Adrien Brody dimentico dei lutti de Il pianista, anche Danny Treyo (attore feticcio della factory rodrigueziana, presto anche in Machete il cui trailer era dentro Grindhouse a mo’ di battuta) le nostre aspettative erano già arrivate alle stelle. Solo il caliente attore messicano, col suo volto conciato come il cuoio lavorato a mano, poteva dare la giusta direttiva ad un’operazione a giusta distanza tra cinefilia, intrattenimento e gusto per la provocazione.
Tutto questo ci si affolla nella mente prima che cominci il film. Poi si va al cinema, il proiettore si mette in moto ed ecco che, a dare un primo colpo alle aspettative, Danny Treyo muore! Fuori scena, per di più, ad una decina di minuti dall’inizio, regalandoci, ad onor del vero, forse l’unico brivido di tutto il film. Già solo questa cosa avrebbe dovuto farci capire che il film non girava proprio dalle parti dell’ispirata ironia, ma ci è toccato aspettare il finale con Adrien Brody che affronta il cattivaccio a torso nudo, come si confà ai veri machi senza un briciolo di autoironia, per gettare completamente la spugna e realizzare finalmente che Predators, pur prendendosi mortalmente sul serio, è un film che ci sarà facile dimenticare.
Anzi anche adesso, mentre ne scriviamo in tutta fretta prima che svanisca ogni briciolo di ricordo da un film così uguale a tanti che già fai fatica a distinguerlo dagli altri, l’impressione è che Rodriguez, pur sbandierando ai quattro venti la convinzione che gli alieni coi rasta siano lo specchio oscuro delle nostre coscienze abbia dimenticato che le dichiarazioni d’intenti devono star fuori dal film e non dentro.
Ogni motivo di interesse nasce, infatti, nel momento in cui l’autore (o il produttore, in questo caso perché Nimrod Antal, di professione regista ha alle spalle pochi e poco convincenti film) lascia al pubblico uno spazio entro cui poter trarre le sue conclusioni. Qui invece tutto è detto sin dalle prime inquadrature. Che gli uomini siano peggiori dei mostri venuti dallo spazio non dovrebbe essere argomento di discussione per due terzi del film. Lo spettatore medio del genere lo dà già come postulato con buona pace delle intenzioni dello sceneggiatore. Non ci puoi costruire sopra un colpo di scena come quella del dottore che sembra buono ed è crudele, se già sin dal primo primo piano ce lo presenti a gongolare sulle virtù letali delle piante carnivore di un mondo alieno.
Sicché, lo spettatore, perso interesse per i personaggi e frastornato da un’azione che è sempre quella (scappa, spara, urla, cadi, scappa e così via, ad libitum) comincia a chiedersi come sia possibile che in un pianeta in cui il sole sta sempre nello stesso posto cali la notte e perché i cagnolini dei Predators somiglino così tanto ai felini di Avatar.
E tra uno “sgraul” ed un “frufru” che pare siano i soli versi concessi agli alieni coi rasta non ci resta che ammettere che, pur se a parecchia distanza, questo Predators resta, comunque, l’unico sequel capace di reggere il confronto col primo episdio della serie. In fondo è già un piccolo risultato.


CAST & CREDITS

(Predators); Regia: Nimród Antal; sceneggiatura: Alex Litvak, Michael Finch; fotografia: Gyula Pados; montaggio: Dan Zimmerman; musica: John Debney; interpreti: Adrien Brody (Royce), Topher Grace (Edwin), Alice Braga (Isabelle), Walton Goggins (Stans), Oleg Taktarov (Nikolai), Laurence Fishburne (Noland), Danny Trejo (Cuchillo); produzione: Twentieth Century Fox Film Corporation, Troublemaker Studios, Davis Entertainment; distribuzione: 20th Century Fox; origine: USA, 2010; durata: 100’


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