Priest

Tratto dall’omonima graphic novel seriale del coreano Min-Woo Hyung, The priest è un film d’ambientazione post-apocalittica che si muove principalmente tra due generi: l’azione e l’horror. Opera seconda di Scott Stewart, già regista di Legion, il lungometraggio in 3D vuole essere un omaggio ai film-icona d’avventura nei quali tra l’umanità e la sua imminente distruzione c’è solo un uomo, unico possibile salvatore. Il film si apre con un prologo nel quale vengono gettate le basi del contesto in cui la storia prende vita: da sempre gli umani sono in lotta con i vampiri. Dopo secoli di guerre e brutalità, probabilmente in seguito all’uso di armi nucleari, gli uomini si sono trovati in una condizione di svantaggio rispetto ai loro immortali, veloci, sanguinari e forti nemici. Così la Chiesa, in virtù del regime teocratico che domina il mondo post-atomico, forma un esercito di preti guerrieri appositamente addestrati nel combattimento contro i vampiri, i quali vengono effettivamente isolati in riserve nell’assolato e rovente deserto, mentre gli umani vivono rifugiati in città roccaforte sulle quali incombe un cielo buio, oscurato dai fumi industriali.
I preti, diventati inutili nel sistema sociale, vivono emarginati, nel tentativo di integrarsi in una società dove non sembra esserci più alcun posto per loro. Protagonista della vicenda è proprio uno di loro, il quale viene informato del rapimento di sua nipote, avvenuto probabilmente per mano dei vampiri. L’uomo denuncia l’accadimento al clero, che però non gli crede e lo intima a non approfondire ulteriormente le sue ricerche a riguardo, in quanto i vampiri non costituiscono più alcuna minaccia. Nonostante l’ammonizione, il Prete inizia il suo viaggio alla ricerca della ragazza, avvalendosi dell’aiuto del giovane sceriffo Hicke, innamorato della vergine rapita, e inseguito da altri quattro preti inviati dal clero per fermarlo, in un crescendo che porta inevitabilmente alla resa dei conti, che è però solo una momentanea conclusione, dato il finale totalmente aperto, che lascia presumere la possibilità di un seguito.
Il cinema sta attraversando una fase estremamente complessa, la quale rende difficile esprimere opinioni e giudizi inossidabili, in un momento che è chiaramente di passaggio, ma che non lascia facilmente intuire a cosa porterà. È indubbia la crescente volontà di riportare il pubblico nelle sale grazie alla valorizzazione della proiezione intesa come “evento”. Se questa tendenza si manifesta dalla nascita della televisione in poi, con il proliferare della concorrenza – e in particolare della rete, sempre più rapida e all’avanguardia nelle operazioni di pirateria - è necessario che a tutto il pubblico sia palese quanto la sala sia l’unico modo per “vivere” il film.
È per questo che diventa arduo per la critica capire quanta produzione cinematografica contemporanea si dimostrerà all’altezza della prova del tempo e valutare l’effettiva qualità filmica al di là delle peculiarità e della spettacolarità ostentate in fase di proiezione. Fatta questa breve premessa, The Priest si propone come film-evento (tra gli ormai innumerevoli omologhi) che, pur guardando ad un passato cinematografico glorioso, sfrutta tutti i mezzi “del futuro”. E forse fa entrambe le cose con troppa enfasi.
La lezione post-moderna di Tarantino (con particolare riferimento a Kill Bill) è portata ai suoi estremi: ricalcando i più noti modelli cinematografici sia lontani che recenti, emerge il tentativo di rinnovare un immaginario che sia futuristico e arcaico nello stesso momento. Dai classici western di John Ford (Sentieri selvaggi) agli spaghetti western di Leone (Per un pugno di dollari), dalla fantascienza espressionista di Fritz Lang (Metropolis) a quella realistica di Rydley Scott (Blade runner), dall’azione “classica” che vede l’eroe infallibile in stile James Bond (ma con il volto e lo stile dell’out-sider) a quella futuribile del kung foo-fighting (Matrix), The priest “ricicla” un secolo di immaginario cinematografico in un’ora e venti, rinnovandolo attraverso gli effetti grafici all’avanguardia, il 3D e la fotografia “fumettistica” che negli ultimi anni ha trovato larga diffusione (300, Sin City e Watchman). L’elenco di una decina di film non esaurisce i riferimenti illustri o di culto che sono disseminati nel lungometraggio, che d’altro canto attinge anche al videogame, tanto da rendere effettivamente difficile capire quanto il film, al di là dell’ottima fattura, sia apprezzabile di per se o in virtù della fitta e inestricabile rete di citazioni sulle quali è stato costruito.
(Priest) Regia: Scott Stewart; sceneggiatura: Cory Goodman; fotografia: Don Burgess montaggio: Lisa Zeno Churgin; musica: Christopher Young; interpreti: Paul Bettany (Priest), Cam Gigandet (Hicks), Maggie Q (Warrior Priestess), Lily Collins (Lucy Pace); produzione: Michael De Luca Production, Stars Road Entertainment, TokyoPop; distribuzione: Sony Pictures Italia ; origine: Stati Uniti; durata: 88’.
