Primavera, estate, autunno, inverno... e ancora primavera

Sempre un lago, come in L’isola, il film che con le sue crudeltà assortite a base di ami da pesca aveva tra deliri e svenimenti decretato a Venezia la scoperta autoriale di Kim. Solo che al posto di traffici di corpi si tratta di traffici d’anime, nei modi di una esatta parabola buddista che coglie nell’impermanenza del tempo (col regolare trascorrere e ritornare delle stagioni e delle generazioni) la permanenza dell’identico (l’animo dell’uomo che non muta, se non nell’avvicinamento spirituale a una saggezza che è consapevolezza di sé e del mondo prima di tutto). Così sempre lo stesso è il maestro, e sempre identico è l’allievo, e ogni nuova iniziazione non è che un ricordare la propria di un tempo, ogni vita prende forma nello stampo delle vite passate. Il Tutto (letteralmente) detto con voce limpida, senza l’ermetismo di Perché Bodhi Darmha è partito per l’Oriente (altro veicolo trascendente coreano, di Bae Yong-kyun) e senza il compiaciuto estetismo della violenza che ha reso celebre il regista di Bad Guy. Modellato sul naturale scorrere degli eventi, lacerato da vampate di desiderio mondano, sul circolare andirivieni della barchetta che conduce attraverso lo specchio placido del lago alla terraferma e alla porta verso il fuori, la società, la città, il consorzio umano e i suoi orrori. Alla fine è proprio Kim a trasformarsi nel ritornante monaco omicida che esercita nelle arti marziali (con un omaggio a Bruce Lee nel salto in fermo immagine preso da Fist of Fury). E a tratti sembra quasi un Kieslowski convertito alle ragioni del Buddha.
Regia, sceneggiatura, montaggio: Kim Ki-duk; fotografia: Back Dong-hyun; musica: Bark Ji-woong; interpreti: Oh Young-su, Kim Ki-duk, Kim Young-min, Seo Jae-kyung, Ha Yeo-jin, Kim Jong-ho, Kim Jung-young, Ji Dea-han, Choi Min, Park Ji-a, Song Min-young; produzione: LJ Films, Pandora Film; origine: Corea del Sud 2003; distribuzione: Mikado.
