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Profumo - Storia di un assassino

Pubblicato il 22 settembre 2006 da Fabrizio Croce


Profumo - Storia di un assassino

A volte la potenza suggestiva che scaturisce dalla parola scritta e permette all’immaginazione di costruire articolate e labirintiche visioni architettoniche può rischiare di essere tradita, o peggio, svilita quando un altro linguaggio espressivo tenta di tradurre nei suoi codici e nelle sue forme la materia che sembrava dovesse rimanere vincolata al mondo della letteratura. Proprio a questo mondo apparteneva Profumo, il romanzo pubblicato nel 1985 da Patrick Suskind, che infatti inizialmente si era mostrato restio a dare l’assenso alla versione cinematografica del suo best-seller, con quindici milioni di copie venduti in tutto il mondo.
Il veto di Suskind era stato spezzato solo dall’offerta del produttore tedesco Bernd Eichinger, specializzato nel silurare con pompose mega-produzioni best-sellers di varie nazionalità (Il nome della rosa di Umberto Eco e La casa degli spiriti di Isabelle Allende). E Eichnger dall’acquisizione dei diritti del romanzo, nel 2001, alla realizzazione del film ha impiegato cinque anni per mettere su il fastoso spettacolo scenografico con cui viene rappresentata la Francia del diciottesimo secolo, divisa tra lo splendore e l’elenganza degli ambienti in cui simuove l’alta borghesia e l’aristocrazia e la miseria nausebonda e degrandante dove viene relegata e dimenticata un’umanità povera senza destino e speranza, costretta a sfamarsi degli avanzi gettati via dai ceti alti. In questa febbricitante, contraddittoria Parigi, Suskind aveva fatto nascere, tra le frattaglie puzzolenti del mercato del pesce, il suo protagonista Jean-Baptiste Grenouille, cresciuto orfano, venduto, sfruttato, picchiato, consapevole della sua unica, inimitabile qualità: un olfatto sopraffino che gli permette di sentire odori al di là del tempo e dello spazio e che sarà la sua fortuna per un riscatto sociale ed esistenziale, ma anche un’ossessione, una condanna che si trasforma in brutale eppur rigorosa ritualità, nell’affannosa ricerca di conservare l’odore degli esseri umani(in particolare di giovani fanciulle vergini) ed estrarne l’essenza per realizzare il Profumo definitivo.
La ricchezza di prospettive psicologiche ed emotive presenti nel romanzo non poteva ovviamente essere racchiusa in centoquarantasette minuti di film che concedono molto allo spettacolo e, come si diceva, allo sfarzo, ma quello che non convince fino in fondo e lascia ammirati ma non conquistati e sedotti sta proprio nel taglio narrativo e anche visivo che il regista scelto da Eichinger, Tom Tykwer, ha voluto dare alla storia.
Il talento olfattivo di Grenouille è trattato come se ci trovassimo di fronte ad una sorta di super-potere in modo da poter sfoggiare una serie di effetti e di virtuosismi autoriali con cui Tykwer sembra divertersi un mondo, ma che distraggono dalle motivazioni profonde che spingono questo smunto e spaventoso figlio di nessuno a diventare un assassino. Anche questa dimensione scade nell’effetto orrorifico ovvio e rende Grenouille un’indigesta combinazione tra un anti-Superman e il "Dente di fata" de Il silenzio degli innocenti. Il contesto così precisamente ed efficacemente reso dell’eccellente troupe tedesca soffoca il testo, il mondo interiore di Jean-Baptiste e l’esterno, Parigi, ma anche la gaudente e vitale Grasse, la città dei profumi, non è più collegato alla proiezione olfattiva che ne ha Grenouille, ma esiste e si fa osservare con piacere a prescindere, come qualcosa di distante e sconesso. Suskind riusciva con la sua scrittura là dove fallisce Tykwer con la macchina da presa, vale a dire a comunicare e rendere comprensibili i pensieri, le emozioni e le azioni di Grenouille, parlare per lui che si esprime poco con il linguaggio verbale e a cui il volto mobilissimo dello sconosciuto Ben Whishaw offre, a tratti, la stessa magia introspettiva che possiede la penna dello scrittore tedesco. E inevitabilmente la scena finale, visionaria, erotica e straniante sulla carta, risulta grandiosa ma goffa, curata ma priva di senso, di significato. Quel significato che dovrebbe rimanere intatto, puro nel rapporto con il libro e le visioni fantasmagoriche che aveva sucitato, prima che la smania di grandezza della super co-produzione istituzionalizzasse tutto nei ranghi del prodotto europeo di qualità.

(Das Parfum - Die Geschichte eines Mörders); regia: Tom Tykwer; sceneggiatura: Andrew Birkin, Bernd Eichinger, Tom Tykwer dal romanzo omonimo di Patrick Suskind; fotografia: Frank Griebe; montaggio: Alexander Bender; musica: Tom Tykwer, Johnny Klimer, Reinhold Heil; scenografia:Uli Hanisch; interpreti: Ben Whishaw (Jean-Baptiste Grenouille), Alan Rickman (Antoine Richis), Rachel Hurd-Wood (Laura Richis), Dustin Hoffman (Giuseppe Baldini); produzione: Bernd Eichinger, Gigi Oeri; distribuzione: Medusa Film; origine: Francia\Germania\USA, 2006

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