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Q (DVD)

Pubblicato il 19 marzo 2013 da Alessandro Izzi


Q (DVD)

Ad un certo punto del film, poco prima della sua conclusione, Laurent Bouhnik si inventa un pianosequenza dal sapore squisitamente metareferenziale.
Non è un passaggio lungo, né un’inquadratura che richiede un virtuosismo particolare oltre all’organizzazione della tempistica delle entrate in campo dei vari attori, però ha una funzione esplicativa la cui portata è enorme.
La macchina da presa parte dal primo piano di un ragazzo che, chiuso in macchina, piagnucola al cellulare lamentandosi del fatto di essere stato lasciato dalla ragazza, poi il pianotraveling sposta la nostra attenzione su una ragazza seduta al tavolino di un bar che parla anche lei al cellulare con un interlocutore col quale scambia piccanti ammiccamenti. Ci devono, però, essere problemi di linea, perché la comunicazione sembra cadere ad ogni passo e, ad un certo punto, la ragazza è letteralmente costretta ad urlare di non avere indosso le mutandine. Il movimento di macchina prosegue sorprendendo, di volta in volta, altri personaggi che parlano al telefono. Alla fine il cerchio si chiude sul primo piano del ragazzo che aveva aperto l’inquadratura e dato il via a questa vera e propria ronde.
In fin dei conti quel che la macchina da presa scopre in questo breve pianosequenza è esattamente questo: il telefonino è metafora della nostra difficoltà di comunicazione e del nostro bisogno di continuare a tenere aperta la conversazione con l’altro anche se il fraintendimento, il rifiuto e l’incomprensione sono sempre dietro l’angolo.
Il telefono è solo uno dei tanti strumenti con i quali cerchiamo un contatto fattivo con gli altri, ma è un tentativo destinato a lasciarci, comunque, stretti alla nostra sostanziale solitudine. La voce all’altro lato della cornetta resta, infatti, per noi spettatori, inudibile. L’altro è una chimera che la voce raggiunge a stento anche se a magnificarla intervengono le scoperte della tecnologia.
Quel che non può la voce, forse, lo può o, perlomeno, lo potrebbe il sesso. E con il sesso il regista costruisce, in fondo, lo stesso andamento a ronde del pianosequenza che abbiamo appena analizzato.
Tutto il film, in effetti, è un inesausto movimento di macchina intorno a corpi desideranti. Il sesso, come il telefono, è un ponte utopico tra una solitudine e l’altra, un luogo di incontro e scontro in cui le fragilità si sciolgono in cerca di un’estasi che per un momento ci avvicina, ma, forse, continua ad allontanarci.
La tragedia del relativismo dei punti di vista è un passo dietro l’angolo. Ci sta troppo vicino e non ci permette di dire parole definitive sul significato di questa ronde del desiderio in cui la fame dei corpi e degli orgasmi viene prima dell’espressione verbale che è comunque compromessa dall’uso culturale.
La trama ruota intorno ad un personaggio esemplare: la protagonista deve elaborare il lutto della perdita del padre. La morte, triste mietitrice, ha tagliato una linea telefonica ed ora la ragazza, alzando la cornetta, riceve, componendo il numero del genitore, solo il segnale di linea occupata. Incerta, compone, con apparente indifferenza, tutti gli altri numeri dell’elenco telefonico. Mette indosso la maschera della femme fatale e promette soddisfazione a tutti anche se poi a nessuno sembra voler concedere più di un bacio fugace, un pompino frettoloso o qualche momento di petting anche molto spinto.
Il sesso apre possibilità comunicative a tutti: è esperienza che coinvolge ed apre, libera, ma nasconde lei nel suo dolore. Come nel pianosequenza del telefono, lei è la voce inudibile e inudita dell’interlocutore all’altro lato della conversazione. La sua azione risolve anche problemi e rimette insieme pezzi naufraghi di amore, ma il suo dolore ha bisogno del gesto forte di qualcun altro che liberi anche lei.
Q mette in scena il sesso con libertà assoluta che vorrebbe avere la natura selvaggia di un Cyril Collard cui la pellicola è del resto dedicata. E per farlo non si tira indietro di fronte a nulla, mostrando quando e come può che oltre la meccanica dei corpi c’è spazio per un sentimento che non capiamo, né mai capiremo che è pieno anche se il partner è lo sconosciuto appena incontrato sul traghetto. Il film è piano di corpi nudi, maschili e femminili in uno sguardo che non è pornografico non perché si tiri indietro alla visione del sesso puro e semplice, ma perché la macchina da presa ha l’ambizione di scavare sotto le immagini del sesso le contraddizioni della vita vera.
Q non ha il vitalismo sfrenato e dolente di Collard, ma è un bel film d’attori con una regia attenta a scivolare fuori dai vestiti per mostrarsi al proprio spettatore nuda e bisognosa di carezze.

La qualità audio-video

Molto pulita il quadro che si sintonizza su colori giustamente brillanti, ma non per questo chiassoni. I neri non sempre sono molto profondi e, soprattutto in certe scene più delicate, si avverte un certo senso di piattezza. Nel complesso, però la visione scorre piacevole.
L’audio si avvale di un discreto 2.0 in lingua originale con sottotitoli italiani non opzionabili.

Extra

I ciak e le scene tagliate sono la cosa più bella del DVD. In questi brevi inserti si sente prima di tutto la dimensione set e si percepisce come la vita vera prima ad ogni passo per rivendicare diritti su attori che devono cercare nel proprio intimo le corde più profonde. Non sono, quindi, mere curiosità ad uso dell’acquirente, ma intensi momenti epifanici nei quali il lavoro d’attore cede il passo alle esigenze dell’uomo. Raramente un contenuto speciale ha saputo essere così tanto in sintonia con il film di cui dovrebbe essere speciale arricchimento.


(Q); Regia: Laurent Bouhnik; interpreti: Déborah Révy, Helene Zimmer, Gowan Didi, Johnny Amaro, Johan Libéreau; distribuzione dvd: Ripley Home Video;
formato video: 1.85:1 - 16/9; audio: originale (Digital 2.0); sottotitoli: italiano

Extra: 1) Booklet interno tratto dal pressbook del film 2) Ciak e scene tagliate 3) Trailers


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