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QUALE AMORE

Pubblicato il 16 novembre 2006 da Marco Di Cesare


QUALE AMORE

"Don’t you struggle
Don’t you fight
Don’t you worry
’Cause it’s your turn tonight

Let me put my love into you, babe
Let me put my love on the line
Let me put my love into you, babe
Let me cut your cake with my knife"

(Let Me Put My Love into You, AC/DC 1980)

E cosa meglio di un pugnale che laceri in un solo colpo l’anima e il corpo, può mostrarci l’amore che si fa morte? Perché quando un amore è solo Eros, è facile che possa diventare pulsione che sfocia in Thanatos: vita che coesiste con la morte, fino a che quest’ultima non prenda il sopravvento, per colpa di un senso del possesso del corpo che vuol essere dominio dell’altro, e ultimo tentativo di appropriazione di un’anima che non vorremmo appartenesse solo all’altro.
«La cosa orribile, infatti, era che io mi riconoscevo un pieno, indiscutibile diritto sul corpo di lei, come fosse stato il mio corpo, e al tempo stesso sentivo che non potevo possederlo, quel corpo che non era mio, che ella poteva disporne a suo piacimento, e disporne diversamente da come avrei voluto io» (tratto da La sonata a Kreutzer, Lev N. Tolstoj, trad. di Mauro Visetti, ed. Rizzoli).
La sonata a Kreutzer di Beethoven può essere considerata come una malinconica composizione sul congiungimento di due esseri nell’esaltazione dell’amore, grazie alla massima arte poetica della musica. Ma in Tolstoj diventa opera morale che elogia oltre ogni modo un ideale di vita di stampo evangelico, in contrapposizione alla dannosità dell’amore sensuale, massimo peccato istituzionalizzato dal falso decoro matrimoniale. Quale amore è la messa in scena del testo di Tolstoj, ad opera di Maurizio Sciarra: un violento melodramma di ghiaccio sulle prevaricazioni che si nascondono dentro la famiglia, nucleo base della nostra società, e sulla gelosia come ingiustificabile difesa di un amore che nasce già corrotto. Il film è stato presentato fuori concorso all’ultima edizione del Festival di Locarno, cui il nostro regista deve essere particolarmente affezionato, avendo vinto il Pardo d’oro nella rassegna del 2001, grazie al suo Alla rivoluzione sulla due cavalli.
Sciarra sposta l’azione dalla Russia dell’Ottocento alla Svizzera dei giorni nostri, per la precisione nella città di Lugano, ma, per il resto, segue alquanto pedissequamente il racconto di Tolstoj. E come nell’opera dello scrittore russo, la storia viene vista attraverso gli occhi del protagonista, un uxoricida, raccontata in un lungo flashback al compagno occasionale (qui interpretato da Arnoldo Foà) di un viaggio che dovrebbe condurlo a rivedere i figli dopo alcuni anni trascorsi in un ospedale psichiatrico. Andrea (Giorgio Pasotti) è il giovane rampollo di una ricca famiglia che, giunto ai trent’anni, pensa di dover ormai incontrare la donna ideale, dopo anni trascorsi in compagnia di futili amori. E si sentirà irresistibilmente attratto dalla pianista Antonia (Vanessa Incontrada), in un innamoramento a prima vista. I due si sposeranno in breve tempo e formeranno una famiglia con tre bambini. Ma altrettanto velocemente nasceranno problemi sempre più profondi, di incomunicabilità, principalmente causati dalla costrizione subìta dalla donna, dall’abbandono della carriera musicale e dall’odio provato dall’uomo per quell’essere così lontano e misterioso.

Quale amore è un freddo melodramma solo saltuariamente riscaldato da una passione animalesca. La presenza nel cast di Maria Schneider può testimoniare anche un certo richiamo a Ultimo tango a Parigi, altro rapporto raggelato tra due corpi che non sono persone - anche se almeno tentano di diventare tali - incomunicanti se non attraverso il sesso, in una relazione che non può esistere solo grazie a se stessa, tanto che condurrà anch’essa alla morte. Ed è anche un noir che segue la tripartizione della Sonata beethoviana, qui rappresentata come ascesa/presa di coscienza/declino: e l’ultimo colpo sarà assestato da Chavarria (Andoni Gracia), violinista di talento che riavvicinerà Antonia alla musica, principalmenta grazie alla Sonata a Kreutzer. Ma il tutto viene filtrato dalla mente di Andrea, talmente fredda e razionale da essere allucinata nei suoi pensieri di morte. E questo aspetto ha generato le parti più interessanti del film, quando questi vede ciò che la sua mente vuole vedere, quando immagina un passato che non è mai esistito, solo in quanto giustificazione al suo abominevole atto. Ma il delirio maggiore, già portatore di un seme di follia, è l’aver voluto programmare la propria vita fin dal principio, e aver compreso solo alla fine di essere stato anche lui una vittima di se stesso.
Quale amore è un tentativo di realizzare un’opera in grado di discostarsi da tanta produzione corrente italiana: ma, non risultando completamente soddisfacente, non può essere considerata altro che come l’intenzione di un buon cinema. Principalmente, questi problemi sono da addebitarsi a una non netta presa di posizione nello scegliere tra sperimentalismo e verosimiglianza da dramma borghese, nello sforzo di portare sullo schermo pagine comunque molto difficili da filmare: se, forse, si fosse tentato di osare maggiormente, si sarebbero incontrate meno difficoltà nel restituire il delirio tolstojano, magari proprio cercando di non essere troppo succubi del genio russo. Il maggiore demerito va al trio d’attori e al modo in cui sono stati diretti: forse era intenzione di Sciarra presentarci tre figure esemplari e ideali, più che persone, ma esse sembrano comunque essere alquanto fuori luogo. In particolare modo Arnoldo Foà appare come un viaggiatore molto per caso, mentre Pasotti ha almeno tentato di restituirci un uomo preda di un cieco pessimismo di stampo schopenhaueriano.
Ma una particolare nota di merito va alla cinematografia di Alessio Gelsini Torresi: un raggelante tocco su una Lugano città di confine, crocevia di persone traffici e soldi, dove anche l’Arte deve sottostare alle regole del mercato, emblema di una Svizzera da cartolina, paradiso artificiale che nasconde inquietanti realtà.

(Quale amore) Regia: Maurizio Sciarra; soggetto e sceneggiatura: Maurizio Sciarra e Claudio Piersanti, liberamente tratti da La sonata a Kreutzer di Lev Tolstoj; fotografia: Alessio Gelsini Torresi; montaggio: Marco Spoletini; musica: Lele Marchitelli; interpreti: Giorgio Pasotti (Andrea), Vanessa Incontrada (Antonia), Arnoldo Foà (Robert), Andoni Gracia (Chavarria), Maria Schneider (Marie), Magda Mercatali (madre di Andrea); produzione: RAI Cinema, Lumière & Co., Amka Films Productions; distribuzione: 01 Distribution; origine: Italia 2005; durata: 100’.

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