Racconto di Natale

Non sappiamo se sia possibile catalogare la commedia d’oltralpe con la denominazione di commedia alla francese, ma è indubbio che nelle opere di questo genere i francesi abbiano una cifra comune che li contraddistingue. Un primo elemento è la naturalezza e la veridicità delle situazioni; in secondo luogo, un’apparenza di leggerezza che pervade la narrazione e che diventa mezzo di rappresentazione della realtà, tragica o comica che sia; e poi il ritmo soft, l’alternanza tra silenzi e lunghi dialoghi, l’aria sospesa, l’ironia pungente e mai banale, i contenuti sussurrati e mai urlati e grandi interpretazioni, il più delle volte fornite da cast eccezionali dei quali la vera protagonista è la coralità.
Tutti questi elementi sono riscontrabili in Un Conte de Noël, ultima opera di Arnaud Desplechin presentata in concorso qui a Cannes. Un racconto di Natale come dice il titolo, ma soprattutto la storia di una famiglia segnata da una tragedia passata e da divisioni interne. Il film è diviso in capitoli, che prima presentano i personaggi e poi scandiscono i tempi della narrazione. Questa divisione dà all’opera un tono da fiaba, una sospensione surreale, una dislocazione spazio temporale estranea dalla realtà. Il Natale più che collocare il racconto in un preciso contesto, diventa una condizione interna alla famiglia.
Desplechin analizza le situazioni di ogni personaggio, ne lascia trapelare il passato, le intenzioni, i rancori. Lascia spazio ai suoi protagonisti, permette che siano loro a trascinare il racconto, rendendo l’opera un film che, più che basarsi su una storia, si basa sui personaggi stessi. Ogni inquadratura lascia trasparire amore nei loro confronti, indistintamente. Nessuno è completamente puro, privo di difetti e di colpe. Ma allo stesso tempo tutti occupano un posto nello scacchiere della vita, tutti hanno un anima, un valore, un’abilità da mostrare. E soprattutto nessuno di loro, alla fine, risulta inutile, perché i loro ruoli all’interno della dinamica familiare si vanno gradualmente delineando.
Il film è strutturato ritmicamente ed emotivamente su un climax ascendente che porta ad una conclusione in cui i personaggi si rivelano per quello che sono realmente. Si passa dal non detto, dagli incroci di sguardi indecifrabili a confronti verbali che sciolgono i nodi del passato, immergendo il tutto in un clima che rimane costantemente sospeso in una dimensione fiabesca e che dà un sapore ottimistico a tutte le componenti tragiche.
L’autore racconta la storia con empatia, senza mai cadere nel melenso e nel lacrimevole. La forza dell’opera sta proprio in quest’aspetto, che non è solo cifra stilistica della messa in scena ma anche elemento fondante dell’intera sceneggiatura. Il difetto maggiore è riscontrabile nella durata. Due ore e mezza sembrano esagerate e molte sequenze appaiono tirate troppo insistentemente. Ma questa è purtroppo una caratteristica costante del cinema di Desplechin il quale, se riuscisse a essere più essenziale in scrittura, potrebbe dare ancora più spessore alle sue pellicole.
Per la direzione degli attori, però, non possiamo spingerci in nessuna critica negativa. L’intero cast offre una prova magistrale, mai sopra le righe, costantemente pregna di passione. Sicuramente grazie al regista, che riesce a fonderli in una perfetta coralità, ma grande merito va agli interpreti stessi, che non perdono un colpo e non mancano mai di intensità. Su tutti le splendide Catherine Deneuve e Chiara Mastroianni. Due donne dal fascino diverso che brillano per bellezza ed eleganza.
Antonio Valerio Spera
(Un Conte de Noël); Regia: Arnaud Desplechin; sceneggiatura: Arnaud Desplechin, Emmanuel Bourdieu; montaggio: Laurence Briaud; fotografia: Eric Gautier; interpreti: Catherine Deneuve (Junon), Jean-Paul Roussillon (Abel), Anne Consigny (Elizabeth), Mathieu Almaric (Henri), Chiara Mastroianni (Sylvia), Melvil Poupaud (Ivan); produzione: Why Not Productions; distribuzione: Bac Films; origine: Francia; durata: 150’.
