Rasputin. La verità supera la leggenda

Il giovane torinese Louis Nero propone una rivisitazione della vita di un personaggio oscuro e misterioso che tanto ha affascinato letteratura e arte in genere: Grigorij Efimovič Rasputin, l’esoterico consigliere della famiglia Romanov. A partire dalla ricostruzione del giorno in cui Rasputin è stato ucciso, sono evocati i momenti salienti della sua vita, dalle origini modeste all’alcolismo giovanile, dalla conversione avvenuta nel suo trentatreesimo anno di vita ai pellegrinaggi, dalla miracolosa guarigione del figlio ammalato dello zar alla conquista del ruolo di riguardo ottenuto nell’ambito della corte. Circondato da una classe nobiliare costantemente impegnata nella sperimentazione di ogni forma di vizio, tra orgie e sconvenienti omosessualità (all’epoca ritenuta un reato), il “contadino” Rasputin è un personaggio scomodo, eliminato con premeditazione non senza difficoltà, dagli stessi membri della famiglia imperiale a insaputa dello zar Nicola II e della moglie.
Presentato al Los Angeles Film Festival, dove ha riscosso consensi, tanto da essere immediatamente acquistato dagli statunitensi, è difficile prevederne il successo in Italia, dove la docu-fiction non ha una tradizione solida. Dopo Golem, Pianosequenza, Hans e La rabbia, Louis Nero afferma di concludere la prima fase della sua carriera con questo lungometraggio (preannunciando lavori molto diversi), il cui intento dichiarato, e in parte riuscito, è quello di essere «un quadro in movimento», «un film ponte tra il cinema tradizionale di narrazione, il docu-dramma e l’arte visiva». Tuttavia, la varietà di modelli di riferimento artistici e culturali (cinema, video-arte, pittura, recitazione, letteratura, filosofia) che alimentano Rasputin, rischia di rendere sfocata l’identità autoriale del regista, che dichiara di non essesi ispirato a Le valigie di Tulse Luper, nonostante sembri lecito avanzarne l’ipotesi (a Greenaway però si riferisce intenzionalmente Golem). Caravaggio, Rembrandt, la pittura russa e l’iconografia russa sono i modelli rivendicati. Il lungometraggio di Louis Nero è criptico. I livelli comunicativi e tematici messi in discussione sono così tanti, che non è facile stabilire se questa varietà sia un pregio o un difetto.
La fotografia, il montaggio, gli effetti speciali, le luci, gli ambienti, i colori, la recitazione, le simmetrie, la musica di quest’opera, che il regista stesso definisce concettuale e simbolista, diventano elementi che andrebbero analizzati in maniera approfondita per poter valutare adeguatamente la qualità del film, che a primo impatto rischia di sembrare ridondante e vacuo nello stesso momento. Dunque, se da un lato non è facile comprenderne il valore artistico, dall’altro è ammirevole la qualità tecnica del lungometraggio, che comunque è sperimentale e indipendente, e dunque guarda al futuro in un paese ormai statico da ogni punto di vista, anche cinematografico, nonostante si possa avere l’illusione del contrario.
(Rasputin. La verità supera la leggenda) Regia e sceneggiatura: Louis Nero; fotografia: Luois Nero, Alvise Pasquali; montaggio: Luois Nero; musica: Teho Teardo; interpreti: Franceso Cabras (Rasputin), Daniele Savoca (Feliks Jusupov), Franco Nero (voce narrante), Ottaviano Blitch (Yakov Jurovskij), Diana Dell’Erba (Alessandra Ferodovna), Marco Sabatino (Dimitrij Pavlovič Romanov, Anna Cuculo (Malanja), Ola Cavagna (Olga Lothina), Davide Ranieri (principe Andronikov), Matilde Maggio (Baronessa Fon Den); produzione: Franco Nero; distribuzione: L’Altrofilm; origine: Italia, 2011; durata: 85’.
