Rewind
Antonio Tagliarini e Daria Deflorian guardano Cafè Müller (1978) di Pina Bausch su un computer portatile; durante la visione, a più riprese, commentano il filmato, si dilungano in altre considerazioni, ricreano in scena alcuni movimenti ispirati alla coreografia bauschiana; insieme a loro, sul palco, quattro sedie, omaggio-riduzione dello spettacolo che “rappresenta un pezzo di storia dell’arte del ‘900…”, un mixer per le luci, usato di tanto in tanto dagli attori stessi per incorniciare nella penombra alcuni momenti significativi della performance. Se mettessimo da parte l’omaggio appassionato che la coppia di attori rivolge alla Bausch, rimarrebbe di Rewind una farneticazione quotidiana tra due amici, due teatranti. Una farneticazione estremamente produttiva che divaga su argomenti diversi, libera dalla catena della forma si liquefa in toni “casalinghi”, nei quali i due si immergono con grande agio. Grazie a questa sincerità “oraziana” allo spettatore non servono gli occhi, ma solo i timpani delle orecchie, perché nulla, neanche un secondo è mostrato del filmato al pubblico, il computer resta sempre, maleducato oggetto post-moderno, di spalle alla platea. Solo grazie al microfono che Tagliarini avvicina alle piccole casse del pc, il pubblico ha la sensazione che il fantasma della Bausch evada la dimensione mediatica dello schermo a cristalli liquidi e si materializzi in scena. La menzogna allora si realizza concretamente quando una ballerina classica, pallida ma rosea allo stesso tempo, fa il suo ingresso, si siede su una delle sedie, attende, immobile, fantasma; d’improvviso comincia a danzare, pochi passi, facili movimenti, esce silenziosa sulle punte.
Parlavamo di fantasmi, che sembrano essere delle entità, sì invisibili, ma anche concrete sulla scena. Non sono fantasmi paurosi o angoscianti ma esili ricordi. Rewind, è un percorso all’indietro con tappe. Ogni tappa è un momento di divagazione, una stazione della vita dei due attori, un golfo pieno di parole e immagini (mentali): amori disonesti, viaggi nel mondo, incontri con personaggi famosi, prove di spettacoli, racconti familiari, Pasolini, Marylin Monroe, Marcello Mastroianni, Youtube…due “rimembranze” su tutte si stagliano come monoliti nella storia universale e personale, l’assasinio di Kennedy e l’11 Settembre 2001: punti di non ritorno, punti che creano “una nuova forma di cecità”. Poi di nuovo Cafè Müller, poi ancora ricordi e la narrazione senza fine esplode felice, (o approda mestamente, visto il grande debito dei due attori con il magistero di Cafè Müller) in una danza con le sedie. Deflorian (della quale ricordiamo Insulti al pubblico ) e Tagliarini si muovono leggiadri sull’ampio palco della sala B al Teatro India, fanno dei loro accenni danzanti una coreografia malinconica. Certo una dichiarazione d’amore a quell’esempio insuperabile che è Pina Bausch, certo un tentativo tutto personale e sincero di imitarla, sicuramente un evento che diverrà ricordo anch’esso.
Rewind a volte sfiora la volontà affabulatrice del teatro cosiddetto di “narrazione”, consapevole forse del ruolo e dell’uso della memoria che ci ha consegnato Celestini. Oppure senza quelle pretese vuole soltanto essere una stazione, una tappa, una delle tante di cui si diceva prima? Uno spettacolo che diverrà memoria e che potrà essere raccontato come ricordo fra qualche anno. La vita è un flusso continuo verso “l’avanti” sia biologicamente che cronologicamente, il teatro e l’uomo hanno il potere a volte di fermare questo flusso, come in una contemplazione ascetica, in un attimo eterno, o nella durata di uno spettacolo.
omaggio a Cafè Müller di Pina Bausch
Di e con: Daria Deflorian e Antonio Tagliarini E con: Alexandra Grillo Una coproduzione: Planet 3 e Dreamachine Con il contributo di: Imaie E la collaborazione di: Area 06-Roma, Rialto Santambrogio (Roma), Florian TSI (Pescara), Centro Artistico Grattacielo (Livorno), Armunia-Castiglioncello Web Info: Short Theatre, Teatro India, Antonio Tagliarini