Rione Sanità, la certezza dei sogni - Fuori concorso/Documentari
Abbacinati dal pericolosissimo fascino che l’universo Gomorra ultimamente esercita sullo spettatore medio, ci scopriamo a volte incapaci di osservare la realtà con occhio lucido: il Rione Sanità, storico quartiere napoletano trasformatosi ormai nel luogo tristemente iconico di un immaginario tanto terrificante quanto iperbolico, è spesso e volentieri conosciuto per essere teatro di scontri armati, indigenza, disillusione, omertà civile e immobilismo sociale.
Lo sguardo di Massimo Ferrari, tuttavia, ci aiuta a riscoprirne le carte nascoste: le catacombe paleocristiane, gli ipogei ellenistici, le innumerevoli chiese sorte a testimoniare un’eredità culturale diametralmente opposta all’istantanea con cui si tende a dipingere questa sorta di sottomondo. La Sanità è una piccola grande Napoli all’interno della Napoli da cartolina alla quale tutti siamo abituati, un “buco nero” saturo di storie che immergono le proprie radici in un’Europa diversa. Qui Padre Antonio Loffredo, figlio (a suo modo) ribelle di facoltosi imprenditori, s’impegna a creare scenari differenti, riportando alla luce un passato ridotto a relitto di sé stesso. Alle vite dei personaggi intervistati, figli di un microcosmo ancora in gran parte inaccessibile, si sovrappongono alcuni frammenti della Nostalgia (2016) che lo scrittore partenopeo Ermanno Rea descrive nell’omonimo suo ultimo romanzo prima della morte. La scelta non è affatto casuale: nel film di Ferrari si parla in continuazione di rimpatrio, di ritorno alla casa materna, di rientro fra le mura fatiscenti di una dimora dimenticata. La Sanità, così denominata (incredibile a dirsi!) grazie alle proprietà curative che tradizionalmente la contraddistinguono, è “il principio di un grandissimo passato che non è mai passato” e che mai verrà rimosso.
Seguendo le voci della giornalista Conchita Sannino e di Ernesto Albanese, presidente de L’Altra Napoli, riviviamo gli scontri armati che, dall’inizio del nuovo millennio, si susseguono sulle lastre millenarie del rione. Poi entriamo nella Basilica e assistiamo alla faticosa opera di rinascita: vediamo i giovani guidare i turisti nella metropoli sotterranea o recitare all’interno delle chiese, così come scorgiamo l’artista Jago scolpire una nuova Pietà. Il documentario stesso si configura come opera di sostegno nel faticoso cammino verso una nuova esistenza, ma va bene così. Sotto all’immenso ponte che, da quasi trecento anni, collega il centro alla periferia, la vita continua a scorrere, arrabattandosi per distruggere il finto mito secondo il quale ai fasti antichi corrispondano sempre e soltanto le miserie moderne. Attraverso le grida dei bambini, il regista gioca con le fantasie collettive che tendono a leggere nella comunità una sorta di folle corte dei miracoli, immersa nelle proprie voragini come i personaggi di un romanzo ottocentesco. Al di là del mero elenco informativo volto a presentare le iniziative intraprese da Antonio Loffredo, il fascino delle immagini inscritte in Rione Sanità, la certezza dei sogni risiede interamente nella ricostruzione di un paesaggio storico al quale, infine, si vorrebbe quasi appartenere: solo così l’operazione funziona veramente, e l’ingegno con cui il quartiere sta imparando a raccontarsi non è affatto scontato.
La naturale e (almeno, per qualsiasi napoletano) abituale sovrapposizione fra vita e morte si riversa su tutte le sfaccettature di una cultura millenaria ma in rovina: attraverso i volti dei più giovani, il teatro ritorna al popolo, religione e politica firmano un temporaneo armistizio, mentre il sottosuolo cavernoso riscopre le sue luci, riuscendo a liberarsi perfino dagli affascinanti incubi di Rea. Nonostante l’insieme risulti, da un punto di vista più prettamente cinematografico, ridondante e talvolta sovraccarico, il linguaggio utilizzato da Ferrari è onesto (cosa alquanto rara) e l’impressione che i fotogrammi rilasciano nella mente dell’osservatore è positiva. Ci sarebbe anche da sottolineare quanto spesso il degrado storico abbia luogo nella culla della Storia stessa e fino a che punto l’Italia rimanga immersa nei cunicoli di un immaginario da Miserabili: questo, però, è un altro racconto.
Rione Sanità, la certezza dei sogni - Regia: Massimo Ferrari; sceneggiatura: Massimo Ferrari, Conchita Sannino; fotografia: Blasco Giurato; montaggio: Gustavo Alfano; interpreti: Don Antonio Loffredo, Luciana Giaccio, Giuseppe Pirozzi, Giuseppe D’Ambrosio, Michele Zacarola, Mariarca Cuomo, Salvatore Grimaldi, Jago, Sylvain Bellenger, Giusiana Leccia, Conchita Sannino, Ernesto Albanese, Giovanni D’Ambrosio, Valeria Ciao, Fabrizio Monsellato, Antonio Maturo; produzione: Sky Arte, Big Sur, Mad Entertainment; origine: Italia 2020; durata: 57’.