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Ritratto di mio padre (conferenza stampa) - Roma 2010

Pubblicato il 28 ottobre 2010 da Antonio Valerio Spera


Ritratto di mio padre (conferenza stampa) - Roma 2010

Si è aperto con l’omaggio ad Ugo Tognazzi la quinta edizione del Festival di Roma. Il documentario Ritratto di mio padre, realizzato dalla figlia dell’attore Maria Sole, è un atto d’amore nei confronti dell’uomo Tognazzi, del genitore, del marito, dell’amante, dell’amico, del cuoco. Presenti alla conferenza stampa di presentazione del film, la regista, il montatore Walter Fasano e i produttori Matteo Rovere e Alfredo Moroni.

Maria Sole, come nasce l’idea di un documentario su tuo padre Ugo?

Non avevo mai pensato di realizzare un film su mio padre. Ma un giorno è arrivato Matteo Rovere. Ci siamo incontrati qui al Festival di Roma due anni fa, dicendomi che voleva realizzare con la sua casa di produzione un documentario su Ugo con La7. Per quanto mi riguarda con Ritratto di mio padre, volevo raccontare attraverso i super8 inediti e bellissimi che girava lui stesso o che faceva a girare ai suoi amici. Ho cercato anche di raccontare i protagonisti di quei super8. Papà usava la super8 come noi oggi usiamo la digitale, la portava con sé. Sono certa che alcuni li abbia girati Marco Ferreri, come il viaggio in barca, il ballo del viaggio a Mosca di papà. Sono immagini che confermano e ci fanno riscoprire Ugo e per me è stato un modo di rientrare in contatto con lui. Che mio padre fosse un anarchico, trasgressivo, controcorrente, faceva film di sconosciuti, tutto questo io lo sapevo. Non ho fatto altro che rivedere le immagini e, chiudendo gli occhi, rientrarci dentro. Volevo però mostrarli agli altri, il film è così personale perché attraverso la sua vita ha saputo raccontare tanti personaggio. Visivamente poi volevo entrare in un altro momento storico, per raccontare un cinema e un paese diverso.

Oltre ai super8, quanto materiale audiovisivo hai trovato?

Nelle teche ho trovato più di 14 ore di filmati con mio padre. Alla fine in sala montaggio ho portato solo 2 ore, e di quelle poi abbiamo montato 10 minuti. Poi ho utilizzato, come avete visto, spezzoni dei suoi film. Ugo era dentro ai suoi film e i suoi film dentro di lui, e questo vale anche per i super8 che ho trovato in casa. Colgo l’occasione di questa domanda per ringraziare tantissimo il mio straordinario montatore Walter Fasano, che ha fatto un lavoro eccezionale. In più ringrazio anche Sergio Cammariere che ha composto le musiche per questo film e che è amico di famiglia da tantissimo tempo.

Matteo Rovere, cosa ne pensi del risultato finale del documentario?

Maria Sole è riuscita a raccontare il padre rispettandone la libertà di spirito e il suo modo di essere, è un ritratto estremamente personale e toccante che ha motivato alla grandissima il duro anno di lavoro.

Maria Sole, cosa ricordi di quel periodo del cinema italiano?

Ricordo che mio padre viveva in assoluta condivisione di amicizia lavorativa con gli altri grandi del cinema. Creavano progetti insieme. Era un momento storico in cui il cinema era una fortissima unione di tutti e dal gioco e dal divertimento nasceva il loro lavoro, nascevano quei film meravigliosi che poi abbiamo visto. Oggi c’è meno lavoro e più parola, vedo un gruppo unito da una parte ma tante paure dall’altra, c’è distanza fra gli artisti.

Qual era il rapporto di tuo padre con attori come Gassman e Mastrianni, quest’ultimo poco presente nel film?

Papà e Mastroianni erano molto amici. C’era grande stima e rispetto tra loro. Però ha frequentato più Gassman. Non c’era competizione tra loro, parlavano con ammirazione e stima vera gli uni degli altri. Diciamo che lui e Mastroianni si incontravano spesso a tavola.

Come hai scelto i film di tuo padre da inserire nel documentario?

Non mi interessava mettere tante scene di film. Ho scelto i film dei registi che poi avrei potuto incontrare (Lizzani, Monicelli, Bertolucci). Incontravo i registi e parlavo di quei film specifici. Poi ho anche messo i film di Ferreri perché è il mio regista preferito nonché mio padrino. Ho deciso di metterlo comunque inserendo quelle immagini di repertorio.

Secondo te, se tuo padre fosse vissuto più a lungo, cosa avrebbe fatto?Si sarebbe dedicato ancora al teatro come ha fatto nell’ultimo periodo della sua vita?

Io credo che mio padre avesse sofferto la depressione di cui io non parlo molto nel documentario, ma che è cosa abbastanza nota, come quella di Gassman d’altronde. E’ una cosa che dipende anche dal lavoro: uomini che hanno vissuto una vita come la loro non accettavano l’idea dell’invecchiamento e della morte, ma anche che il cinema degli anni ‘60/’70 non c’era più. Negli ultimi anni non arrivavano più film importanti, allora lui non si arrese e preferì ridarsi al teatro. Se non fosse morto a 68 anni, avrebbe continuato con il teatro, che gli dava grande forza. Quando si è sentito male stava girando una fiction, Famiglia in Giallo, per la Rai. Faceva un commissario. Non credo però che sarebbe invecchiato nelle nostre fiction, avrebbe continuato con i palchi aspettando un grande film, magari.


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