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La verità negata

Pubblicato il 17 novembre 2016 da Anton Giulio Onofri
VOTO:


La verità negata

Il suo film più famoso è La Guardia del Corpo (sì, quello del 1992 con Kevin Costner e la povera Whitney Houston), ma Mick Jackson una carriera abbastanza solida se l’è costruita in televisione, vincendo anche degli Emmy Awards e dei Golden Globe. E la mano televisiva si sente parecchio, naturalmente in senso negativo, in questo nuovo suo film che doveva essere interpretato da Hilary Swank (sarebbe dunque stato l’ennesimo film “sbagliato” per la non più fortunatissima vincitrice dell’Oscar con Million Dollar Baby di Clint Eastwood) poi sostituita da una Karel Reisz che, almeno a giudicare da questo titolo appena visto alla Festa del Cinema di Roma, ha deciso di archiviare la propria bellezza e spalmarsi in faccia una patina da noiosetta imbronciata e piagnucolosa con cui ha evidentemente intenzione di affrontare i suoi “anta”, periodo sempre critico per qualunque attrice cinematografica. Denial sta per “negazione”, quella che sta all’origine di una delle più dibattute polemiche contemporanee, esplosa negli anni ’90 del secolo scorso grazie alle farneticazioni di un imbecille riuscito a conquistarsi il proprio quarto d’ora di celebrità, e a scatenare ahimè un’onda lunga, lunghissima, di dibattiti allucinanti, recriminazioni pretestuose, e le consuete, ignobili ironie che ancora e sempre infangano la memoria delle milioni di vittime sterminate nei campi di concentramento nazisti nel corso della Seconda Guerra Mondiale. Per quanto dunque privata del suo sex appeal, la Reisz interpreta Deborah Lipstadt, docente di Storia Moderna americana e autrice di un libro edito dalla Penguin (una delle più note case editrici britanniche) in cui liquidava le teorie di David Irving (l’imbecille in questione) che trascinò lei e i suoi editori in tribunale accusandoli di diffamazione nei suoi confronti. Il cast è notevole, perché nei panni dell’imbecille c’è addirittura Timothy Spall, viscido e unto come si conviene, e il sempre eccellente Tom Wilkinson, che veste la toga dell’avvocato difensore. Di pregio anche la firma di chi ha adattato il libro della Lipstadt History on Trial: My Day in Court with a Holocaust Denier trasformandolo in script cinematografico: lo sceneggiatore e regista David Hare, baronetto di Sua Maestà dal ragguardevole curriculum (ha sceneggiato Il danno di Louis Malle, ed è stato due volte candidato all’Oscar per le sceneggiature non originali di The Hours e The Reader). Eppure, costa dirlo, fin da subito il film si muove su gambe deboli e incerte. Troppo verboso, troppo statico, tenta di montare una tensione che non riesce mai a raggiungere le temperature necessarie per scaldarci il cuore e tirarci dentro una vicenda che invece ne avrebbe avute eccome, di motivazioni per coinvolgerci. Film tutto sbagliato, insomma, di cui si perderà presto la memoria, e, quel che è peggio, occasione perduta per sbaragliare definitivamente il macabro e grottesco sciocchezzaio che continua a proliferare intorno all’Olocausto.


CAST & CREDITS

(Denial); Regia: Mick Jackson; sceneggiatura: David Harei; fotografia: Haris Zambarloukos; montaggio: Justine Wright; musica: Howard Shore; interpreti: Rachel Weisz, Tom Wilkinson, Timothy Spall, Andrew Scott; produzione: Krasnoff/Foster Entertainment, Shoebox Films, Participant Media, BBC Films; distribuzione: 01 Distribution; origine: Regno Unito, USA, 2016; durata: 110’


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