Moonlight

“Tutti i neri, sotto la luce della luna, sembrano blu”
- Juan
Essere se stessi è davvero un’impresa così ardua? Secondo Barry Jenkins e il suo Moonlight (basato sull’opera teatrale In moonlight black boys look blue, di Tarell Alvin McCraney), si, moltissimo.
Il film d’apertura dell’undicesima edizione della Festa del Cinema di Roma è un racconto di formazione o, meglio ancora, di distruzione: il giovane e innocuo Chiron (Alex Hibbert) viene preso di mira di continuo dai bulli della scuola, per via del suo carattere introverso e della perfida stupidità di questi altri; a casa, la situazione non è delle migliori, colpa della dipendenza dalle droghe di sua madre Paula (Naomie Harris), ma un giorno, il piccolo si imbatte nel pusher Juan (Mahershala Ali, star di House of cards e Marvel’s Luke Cage), che ha un cuore buono e lo accoglie in casa sua, assieme alla fidanzata Teresa (Janelle Monae).
Da questo incipit si sprigiona la forza di Moonlight, film crudo e reso ruvido da riprese effettuate con camera a mano, focalizzando l’attenzione dapprima sull’ambiguità del giovane protagonista, per poi rivelare con semplicità la sua vera inclinazione sessuale in una sequenza di grande impatto emotivo in riva al mare, mostrando il primo approccio intimo di un adolescente Chiron (stavolta interpretato da Ashton Sanders) con il suo amico d’infanzia Kevin (Jharrel Jerome). Jenkins non si limita a raccontare la scoperta del vero io di Chiron, ma spezza a metà il film aumentando le tensione drammatica in un climax che segna la fine della turbolenta innocenza, imboccando il sentiero della violenta maturità: Moonlight sfrutta i presupposti del racconto di formazione per mostrare il contesto urbano degradato e sporco di una fetta d’America caduta in rovina e in mano ai signori della droga, che si identifica nei ghetti sovraffollati e nell’anarchia che va a braccetto con le regole della strada. Tuttavia, Jenkins non aggiunge nulla di nuovo sotto questo aspetto a quanto già visto e rivisto in numerose opere analoghe.
Nella terza e ultima parte, l’attenzione si concentra su uno Chiron ormai adulto (interpretato da Trevante Rhodes), corrotto da una vita trascorsa tra strada e prigione, nei panni di un potente spacciatore, personaggio sconfitto e identificatosi in Juan, l’unico padre che non ha mai avuto (sono le più sincere le sequenze che ritraggono il piccolo Chiron e Juan nelle finte vesti di figlio e padre). Jenkins si prende tutto il tempo che vuole nel raccontare l’evoluzione fisica e individuale di Chiron, finendo col dilatare in maniera eccessiva la sequenza finale, dissipando quell’attesa che lo spettatore conserva fin dal momento di rottura psichica dell’adolescente Chiron: e Moonlight perde la tensione emotiva accumulata fino alle battute finali, non tanto nel portare a compimento il percorso intrapreso dagli amici/amanti Chiron e Kevin, ma nell’incapacità di regalare allo spettatore un ultimo tuffo al cuore, un evento sufficiente ad assestare all’intera narrazione un finale solido e non abbandonato alla nostalgia.
Moonlight è un film dalla doppia personalità: tenero nel narrare le incertezze di Chiron dalla giovinezza fino all’età adulta, limitate a un’intimità trattata quasi come pura fantasia e, d’altra parte, feroce nel raccontare la realtà, le privazioni e l’umanità incrinata dei suoi protagonisti.
(Moonlight); Regia: Barry Jenkins; sceneggiatura: Barry Jenkins, Tarell McCraney; fotografia: James Laxton; montaggio: Joi McMillon, Nat Sanders; musica: Nicholas Britell; interpreti: Trevante Rhodes, André Holland, Janelle Monáe, Ashton Sanders, Jharrel Jerome, Naomie Harris, Mahershala Ali; produzione: A24, Plan B Entertainment, Pastel Productions; distribuzione: A24; origine: U.S.A., 2016; durata: 110’
