Sole, cuore, amore
Ci sono situazioni paradigmatiche. Notizie e fatti, che si leggono sul giornale e che riescono più di altri a raccontare una realtà. Molte di queste si svolgono in metropolitana: Alessio Bortone, per esempio, che ammazzò con un pugno una signora, o Doina Matei che ha ammazzato una ragazza con un ombrello. Anche la storia di Isabella Viola era una di queste. Madre di quattro figli, ogni giorno si svegliava alle quattro di mattina per andare dalla sua casa di Torvaianica al suo bar in via Appia. Un autobus, due metro, scale mobili e poi i clienti, la casa, i figli e il marito. Isabella lo avrebbe potuto pure reggere tutto questo, ma era il suo corpo che non ce la faceva. Ed è morta, morta di fatica, una domenica mattina, da sola, nella metropolitana di Termini. Il giorno dopo la saracinesca del suo bar era sommersa dai fiori portati dai clienti che hanno anche organizzato una colletta per sostenere i bambini rimasti soli.
Da questa storia prende spunto Vicari per Sole cuore amore, Isabella Ragonese nei panni di Eli, la giovane donna con il cappottino rosso, Francesco Montanari fa il marito, Francesco Acquaroli il padrone cattivo, Eva Grieco è Vale, ballerina, più una sorella che una amica. Tutti insieme per raccontare un mondo periferico, tra Nettuno e il lavoro di barista in un quartiere piccolo borghese romano, senza sabato o domenica, con mille doveri ma nessun diritto, gratificazione o riconoscimento.
Contrappuntata dal jazz di Stefano Di Battista, è una lunga suite, quella messa in scena da Vicari. Il disegno di un mondo tragico nel quale non c’è possibilità di salvezza, il racconto di una vita nella quale non succede nulla e nulla di bello può succedere, dove è impossibile essere se stessi, dove oltre il sole, l’amore e qualche sporadica canna, tutto il resto è orrore. E dove non c’è un Dio da pregare, voglia di fuggire, parole di rabbia o il sogno di un mondo più giusto.
Non succede nulla, dicevamo, ma Vicari mette in scena una sorta di catalogo di tutto quello che non va, dall’autoritarismo insulso del padrone del bar, al discorso razzista della cliente. Passando per l’amore lesbico non corrisposto della amica ballerina, la disoccupazione, i rapporti madre figli, il convivere con i sensi di colpa, la violenza dell’uomo sulla donna, il menarca, i valori stravolti, e Roma, una città egoista che non rispetta chi la abita.
Il percorso di Eli è segnato, anche se lei non ne sembra consapevole. Non c’è spazio per la poesia, tutto è concreto e reale. Lo sguardo è lo sguardo del Vicari documentarista, con più voglia di far capire e di spiegare che di farsi sorprendere da storia e personaggi. E noi che guardiamo non abbiamo libertà di scelta, e non possiamo che aderire al suo sguardo, essere vicini ad Eli, alla bambina che odia la vita della mamma, alla ballerina, al marito che non trova lavoro, ad un mondo raccontato come un mondo troppo perfetto per essere vero.
(Sole, cuore, amore); Regia: Daniele Vicari; sceneggiatura: Daniele Vicari; fotografia: Gherardo Gossi; montaggio: Benni Atria; musica: Stefano Di Battista; interpreti: Isabella Ragonese, Francesco Montanari, Francesco Acquaroli, Eva Grieco, Giulia Anchisi, Giordano De Plano, Paola Tiziana Cruciani; produzione: Fandango, Rai Cinema; origine: Italia, 2016; durata: 112’