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RomaFictionFest - Dei complotti e del potere. The Trojan Horse

Pubblicato il 6 luglio 2007 da Gaetano Maiorino


RomaFictionFest - Dei complotti e del potere. The Trojan Horse

Gli antichi greci hanno insegnato che democrazia vuol dire governo del popolo. La concezione della democrazia ha però subito molte modifiche nel corso dei secoli. Ciò si è dovuto soprattutto al susseguirsi delle più svariate forme di regime politico che nel corso della storia si sono avvicendate in ogni angolo del pianeta: polis, imperi, comuni, signorie, regni, stati sovrani, dittature, tirannie. Attraverso “esperimenti” più o meno riusciti, più o meno brutali, ogni forma di potere, ciascuna a suo modo, ha contribuito al raggiungimento dell’attuale fondamento della democrazia, quella forza che dovrebbe dare in mano al popolo il governo del proprio paese: il diritto di voto. Oggi uno stato democratico è infatti uno stato in cui ogni cittadino con diritto di voto esercita il proprio potere decisionale, scegliendo da chi farsi rappresentare nelle stanze della politica.
Ma se le chiavi di quelle stanze fossero già state assegnate? Se a vincere non fosse in realtà il candidato più votato, ma semplicemente il candidato che “doveva” vincere? Se dietro al successo di una campagna elettorale ci fosse invece un percorso pieno di congiure e inganni perpetrati per raggiungere il successo?
Gli Stati Uniti d’America, esempio mondiale di democrazia dalla propria indipendenza, ricordano probabilmente con rammarico e con paura le elezioni del 2000, in cui George W. Bush sconfisse Al Gore per una manciata di contestate preferenze ottenute nello stato della Florida. Le denunce, i servizi giornalistici, le inchieste sono state numerose, ma la sostanza non è cambiata e la storia recente è sotto gli occhi di tutti. È emblematico, tuttavia, che proprio dagli USA e dal Nord America sia partita una massiccia ondata di cinema controcorrente che cerca di dare risalto al lato oscuro della politica, quel paradossale angolo della Stanza Ovale che non dovrebbe esistere e che invece si nutre di complotti e di macchinazioni, in cui a prevalere non è mai il volere del popolo, ma soprattutto la dittatura del denaro.

È dal Watergate che coinvolse Nixon nel 1972 che il cinema ha affiancato in maniera rilevante i media di massa nel raccontare storie irraccontabili e divulgare nomi innominabili coinvolti negli scandali della Casa Bianca; Tutti gli uomini del Presidente è rimasto a riguardo uno dei film più significativi. Pietra miliare del giornalismo di inchiesta, l’indagine di Bob Woodward e il suo collega Carl Bernstein, rappresentati sullo schermo da Robert Redford e Dustin Hoffman, ha rafforzato la sensazione che i media detenessero realmente il cosiddetto quarto potere.
Con differenti linguaggi, il cinema anche negli ultimi anni ha continuato a raccontare verità scomode e a preconizzare verosimili tragici scenari. Nel raccontare l’attualità, l’opera di Michael Moore, e in particolare il successo di Farhenheit 9/11, è un esempio chiaro di quanto anche negli stessi USA si senta il bisogno di smascherare chi agisce per il proprio tornaconto in nome della democrazia, della pace, del popolo.
Distaccandosi dalla realtà dei fatti, ci sono poi pellicole di finzione come Syriana che invece teorizzano un probabile esito della degenerazione dei rapporti internazionali tra Stati Uniti e Medio Oriente. Le azioni di Intelligence sono sempre meno chiare addirittura a chi dell’Intelligence fa parte e non c’è spazio per alcun ripensamento, per alcun valore che non sia quello del successo a ogni costo.

Al documentario e al film, si aggiunge ora anche un altro linguaggio: la fiction. La miniserie canadese The Trojan Horse, del regista Charles Binamé, e in concorso al Roma Fiction Fest, è forse uno tra i risultati migliori del continuo evolversi di questa tematica che scotta parecchio, ma che sembra essere molto cara agli autori del Nord America.
Alla vigilia delle elezioni del 2008, si prospetta per gli USA una ennesima guerra del petrolio che coinvolgerà l’Arabia Saudita, nel tentativo di controllare un’area geografica fondamentale per l’economia mondiale soffiandola alla sempre più ingombrante Cina. Il Presidente cerca un pretesto per l’attacco, il suo entourage glielo fabbrica ad hoc, ma un nuovo candidato, l’indipendente Tom MacLaughlin, è deciso a evitare il conflitto e con una esaltante cavalcata elettorale si avvicina alla presidenza. Ma neanche MacLaughlin è completamente “pulito”. La sua campagna è infatti gestita direttamente dai servizi segreti europei, decisi a mettere in atto i propri disegni espansionistici portando un loro uomo alla Casa Bianca truccando le elezioni. In questa cornice si muove la giornalista Helen Madigan decisa a scoprire la verità sulla morte del figlio Derek, vittima “collaterale” di questo assurdo gioco di potere che sposta il centro dell’azione da un punto all’altro del globo, frammentando la storia in modo da tenere sempre viva la tensione, grazie a un montaggio alternato portato all’estremo.
Come un virus trojan, MacLaughin vuole inserirsi nel sistema per destabilizzarlo dall’interno e rovesciarlo, e non esita davanti a nulla. La regola per lui è: nessuna regola, e “se nessuno segue le regole si gioca sempre ad armi pari”. In un mondo dove anche le scelte etiche diventano scelte politiche, gli uomini sono spregiudicati e calcolatori, mentre le uniche persone che sembrano ancora capaci di credere nei giusti valori sono le donne (Helen, la moglie di Tom, Mary Miller, il segretario di stato Coleen Howell).
Tra chi cerca di conservare il potere giocando sporco e chi cerca di conquistarlo facendo anche di peggio, il messaggio che arriva è che il sistema è marcio e le soluzioni sono più marce del sistema. Il cavallo di troia non è altro che un ulteriore inganno per distruggere lo stato dall’interno, è un cavallo malato, guidato dal volere occulto di spie e potenti tycoon che non esitano a mentire, a procurarsi prove con il ricatto, costringendo al silenzio testimoni scomodi e torturando chi, invece, non vuol parlare.
Sebbene si tratti di un’opera di finzione, The Trojan Horse apre squarci inquietanti su un futuro verosimile e la sua visione non può lasciare indifferenti. È necessario riflettere su come il potere legittimi la propria autorità e su quanto davvero operi per il bene comune. Il tentativo di combattere un complotto con un altro complotto conduce a un’amara conclusione affidata alle parole di Tom: “La verità, nonostante sia davanti agli occhi di tutti, in fondo non importa realmente a nessuno”. Ma al giornalismo onesto (non a caso la protagonista è una reporter), al cinema di impegno civile e, ora, anche alla fiction, sembra invece interessare ancora moltissimo.


CAST & CREDITS

(The Trojan Horse) Regia: Charles Binamé; montaggio: Dominique Fortin; costumi: Michael Harris; interpreti: Paul Gross (Tom MacLaughlin), Greta Scacchi (Helen Madigan); Tom Skerrit (Presidente Stanfield) ; origine: Canada 2006; durata: 86’ + 86’


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