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ROSSO COME IL CIELO

Pubblicato il 9 marzo 2007 da Nicola Cordone


ROSSO COME IL CIELO

La tolleranza (...) è solo e sempre puramente nominale. Non conosco un solo esempio o caso di tolleranza reale. E questo perché una tolleranza reale sarebbe una contraddizione in termini. Il fatto che si “tolleri” qualcuno è lo stesso che lo si “condanni”. La tolleranza è anzi una forma di condanna più raffinata. (...) Fin che il diverso vive la sua diversità in silenzio, chiuso nel ghetto mentale che gli viene assegnato, tutto va bene: e tutti si sentono gratificati della tolleranza che gli concedono. Ma (...) appena egli (...) osa pronunciare delle parole tinte dal sentimento della sua esperienza di diverso, si scatena il linciaggio, come nei più tenebrosi tempi clerico-fascisti’. _ Pier Paolo Pasolini Lettere Luterane 20 marzo 1975.

La storia di Mirco è ambientata nell’Italia del 1971, tra la Toscana e la Liguria, tra gli spazi aperti della campagna e quelli ascosi e monumentali del David Chiossone di Genova, tra le aule lumeggiate dai primi bagliori mattutini e le buie sale cinematografiche della provincia.
Un proiettile esploso casualmente provoca la perdita della vista ad un bambino di dieci anni vivace, intelligente, curioso, socievole e lo relega nelle tenebre di una vita senza più colori, fatta solo di ombre e sagome indecifrabili: il destino di chi è costretto a sognare, immaginare, inventare per mantenere un labile contatto con un mondo che altrimenti lo vorrebbe sprofondato in una prigione di silenzio. Mirco fa da subito l’esperienza della diversità e della segregazione, perché a quel tempo la legge italiana considerava i non vedenti come individui senza speranza, condannati dal loro handicap alla ghettizzazione o, nel migliore dei casi, alla pietà e alla compassione del prossimo: percorsi di vita segnati da un fato indifferente ed ineluttabile. Contro queste avversità si scatena, come schiava da millenni, la fervida fantasia di un ’diverso’ sensibile alle cose della natura, alle sue voci, alle pulsioni, all’alito dei suoi richiami; fondare la propria vita sulla creatività della percezione diverrà il credo di un insaziabile affabulatore, di un instancabile narratore di storie, di uno dei più importanti sound designer del nostro cinema contemporaneo oltre che un esempio di dignità per tutti. Ascoltare i suoni, registrarli, riprodurli, organizzarli in un montaggio che è originariamente interiore, far nascere da questo le immagini: un processo deontologicamente cinematografico, un linguaggio strutturato da precise istanze narrative mentre le voci della natura si fanno storia, racconto, poesia. Le favole sonore di Mirco sembrano suggerire una diversa modalità di espressione: così la recita di fine anno, cui assiste un pubblico di adulti bendati, diviene metafora di un alternativo sistema di narrazione che parte dalla dimensione sonora e lascia alla fantasia il compito di creare le immagini.
La gioia e la vitalità primordiale dei bambini non vedenti, la cui istintività sembra peraltro più spiccata che nei loro coetanei ’normali’, sono il sentimento di rivolta più autentico e sincero nei confronti di un mondo ancora legato ad antichi preconcetti che prendono corpo e forma nel film materializzandosi nella figura dell’austero direttore dell’istituto e nelle geometrie del collegio stesso: imponente, gelido, dalle soffocanti pareti bianche; le proteste dei manifestanti contro la rigida ortodossia delle regole collegiali è il riflesso di sommosse popolari di più ampia portata in un’Italia reduce da un Sessantotto più modaiolo che rivoluzionario, che non è riuscito ad abbattere il moralismo, il perbenismo, i pregiudizi, le ipocrisie, il conformismo della società borghese pre e post bellica; la ’falsa tolleranza’ è stata (è) uno dei principi cardine dell’ormai vecchio potere dei consumi e dunque il trattamento riservato alle minoranze era ipocritamente indulgente: i bambini del film di Bortone sono dei ’tollerati’, dei diversi cui vengono concessi ghetti in cui condividere la propria alterità, ma che sono privati della possibilità di esprimere liberamente la propria unicità.
La regia dell’autore ha il pregio di osservare la realtà che ha di fronte con tatto e misura senza mai cedere alle trappole di facili pietismi conservando una certa purezza ed autenticità nel recepire le cose dal punto di vista dei bambini. Lontane ogni traccia di retorica e di ideologia, l’opera riesce a toccare un pubblico eterogeneo e si candida, a buon diritto, come una delle pellicole più interessanti della sezione Alice nella città.


CAST & CREDITS

Regia: Cristiano Bortone; soggetto: Cristiano Bortone; sceneggiatura: Cristiano Bortone, Monica Zapelli, Paolo Sassanelli; fotografia: Vladan Radovic; montaggio: Carla Simoncelli; musiche: Ezio Bosso; scenografia: Davide Bassan; costumi: Monica Simeone; interpreti: Luca Capriotti (Mirco), Paolo Sassanelli (Don Giulio), Marco Cocci (Ettore), Simone Colombari (Achille), Rosanna Gentili (Teresa), produzione: Orisa Produzioni; distribuzione italiana: Ladyfilm Srl; distribuzione estera: Adriana Chiesa Enterprises; Col.; durata: 96’ sito web: www.orisa.it


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