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Saw VI

Pubblicato il 3 giugno 2010 da Alessandro Izzi
VOTO:


Saw VI

L’immaginario horror americano vive nel sottosuolo e si nutre delle nostre radici più marce.
Dal basso delle segrete, sotto il livello delle fogne, il genere, guarda verso la società contemporanea e, se non è compromesso dai grandi studi che lo rendono spesso inerte ammasso spettacolare, la giudica.
Il suo giudizio ha un ghigno beffardo stampato su labbra sporche di sangue: una maschera nera che non è altro che il nostro riflesso in uno specchio magico.
Saw VI arriva nelle sale, ultimo figlio di una serie malsanamente viva, dopo i crack delle borse, dopo l’ansia della crisi e, soprattutto, dopo l’elezione di Obama. Da questo contesto sociale trae un bel po’ di disillusione e una voglia di punire i veri cattivi della situazione. Questi ultimi non sono più, come un tempo, identificati nell’uomo nero pronto alla rapina, ma sono i magnati dell’alta finanza, quelli che scommettono sulla tua vita e ne ricavano, spesso, lauti guadagni col minimo rischio.
L’assassino non uccide più (come già accadeva nel primo Saw) per il solo gusto di fare o per poter gustare, alla Hannibal Lecter, un po’ di carne umana, ma per punire il vero mostro della società contemporanea: l’uomo in giacca e cravatta.
Saw VI porta sulla scena la messa a morte del mostro peggiore, del più crudele, del più terribile: l’assicuratore sanitario. Figura ambigua e viscida, vera e propria piaga sociale, il mostro in questione è la sintesi perfetta tra il banchiere salito alla ribalta dopo i crack in borsa e il medico specializzato.
È lui, infatti, a stabilire il confine tra la vita e la morte, è lui che deve decidere se concedere un prestito per le cure sanitarie o negarlo in nome del profitto. È lui, cosa peggiore di tutte, che stipula assicurazioni sulla vita dei dipendenti malati a nome di compagnie bramose di guadagni. Ed è stato proprio uno di loro ad avere avuto la brillante idea, nell’antefatto che emerge nei consueti flash-back, di negare un prestito per cure al nostro Jigsaw per via dell’acclarata incurabilità del cancro che l’avrebbe presto condotto alla tomba.
Come sempre nei film della serie, comunque, dietro la vendetta, consumata com’è dovuto a freddo, c’è, ben nascosto, un senso dantesco di giustizia infernale. E la regola del contrappasso muove ogni singolo girone della ridda infernale della discesa agli inferi del gore. E alla fine, come nella Divina Commedia, c’è sempre l’incontro luciferino con il tradimento, con il colpo di scena finale che rimette tutto in discussione in nome di un’eternabilità del meccanismo narrativo.
Sicché per tutto il film non si tifa mai per la vittima di turno, né per il crudele Jigsaw, ma per il principio di giustizia sporca che ripaga il vero carnefice (che non è mai l’assassino) con la stessa moneta che lui aveva usato nell’apparentemente più pulito mondo di quassù.
Saw VI è un film straordinariamente ansioso di chiudere bene i conti dei film che l’hanno preceduto. Per questo è molto più attento agli sviluppi narrativi che non agli effetti splatter e alle morti violente.
Coinvolge per via di un ritmo perfettamente calibrato sulla durata perfetta di ottanta minuti, ma i suoi meriti si fermano ad un’accurata confezione e ad una più precisa voglia di critica sociale.
Il gioco per i fan è garantito e la nuova America in cerca di un riscatto sociale può vedere premiate le sue ansie di giustizia. Ma nel film c’è poco in più a quanto già visto negli episodi precedenti.


CAST & CREDITS

(Saw VI); Regia: Kevin Greutert; sceneggiatura: Marcus Dunstan, Patrick Melton; fotografia: David A. Armstrong; montaggio: Kevin Greutert; musica: Charlie Clouser; interpreti: Tobin Bell, Costas Mandylor, Mark Rolston, Betsy Russell, Shawnee Smith, Peter Outerbridge, Samantha Lemole, Tanedra Howard; produzione: A Bigger Boat, Twisted Pictures; distribuzione: 01 Distribution; origine: Australia/Canada/USA, 2009; durata: 86’


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