Scontro tra Titani

La predestinazione è una brutta bestia. Per quanto ci si sforzi di uscire dai sentieri che altri hanno disegnato per noi, non c’è mai niente da fare: tutte le nostre reazioni sono già state previste, preordinate ed inserite nel disegno del nostro fato. Se siamo nati con un’impresa da compiere, la compiamo anche se, al principio, tutta la nostra energia era spesa per fuggirla.
In quel di Hollywood alla ricetta della predestinazione si aggiunge una buona dose di muscoli, un paio di mostri giganti e qualche battuta spaccona.
Accade così a Sam Worthington di trovarsi tra due mondi: da una parte il popolo delle stelle e dei creatori di portenti, dall’altro lato il popolo dei contadini e dei pescatori che se ne starebbe tranquillamente per i fatti suoi se i primi non intervenissero continuamente a chiedere suppliche, preci e quant’altro. In nessuno dei due mondi il povero Sam è di casa. Anagraficamente e geneticamente legato alle stelle, egli conosce la bellezza delle piccole cose di un corpo che gli è stato dato solo in prestito e, prima o poi, dovrà restituire. Non sapendo come risolvere il dilemma, non trova altra soluzione che prestarsi ad una guerra contro la sua stessa gente pur sapendo di non poter vincere per davvero. Fortuna che gli venga in aiuto una sacerdotessa guerriera che lo fa incontrare con un’incredibile creatura alata che nessun vivente ha mai cavalcato prima e che lo porterà in volo proprio là dove infuria la battaglia finale. Il tutto rigorosamente in 3D.
Per chi pensasse che stiamo raccontando la trama di Avatar, ci corre l’obbligo di precisare che questa è la storia di Scontro tra titani. La stessa storia, in fondo, perché si sa: tutte le storie sono già state raccontate e a noi non resta che manipolare, ricostruire, ibridare ed adattare al nostro tempo.
Il problema di Scontro tra Titani non è tanto quello di avvicinarsi, vergini, al mito di Perseo e fraintenderlo per farne materia di puro intrattenimento. Semmai il suo problema è che, nel gioco delle contaminazioni delle fonti, dà ben poco spazio alla possibile espressione di una qualsivoglia forma di originalità. E nell’adattarlo ai nostri tempi si limita a dire che la nostra è l’epoca del videogioco, dell’immaginario globalizzato, del film d’adrenalina che stia sempre a far baccano perché altrimenti il pubblico, in sala, non potendo cambiar canale o togliersi gli occhialini, si addormenta, cullato da Morfeo.
Tutto l’apparato messo in moto dal regista è studiato per sostanziare il ritmo e solo quello. Ed anche lì non è che non si ravvisino problemi visto che, ad un certo punto del racconto, si innesta il flash-back sulle vere origini di Perseo (semidio proprio come Percy Jackson con cui condivide, non a caso, il nome): un bel rallentamento dell’intero baraccone.
Scontro tra Titani è il remake di un vecchio film degli anni ’80 di cui sinceramente non si sentiva l’esigenza. È fatto con più cura (anche se le battaglie sono girate in modo assai confuso, specie nel finale), con più soldi, con più effetti, ma con meno genuino sense of wonder. È fatto per accompagnare il mastichio di pop corn e per lasciarci incantati su mostri che ricalcano successi vecchi lanciando un sasso senza sentir poi il bisogno di nascondere la mano. Nel deserto c’è un po’ di Trasformers e un po’ di La mummia. Il craken se lo ricordano tutti non per averne letto sui libri di scuola, ma perché era il mostro che dava la caccia a Jack Sparrow ne I pirati dei caraibi. E alla compagnia degli sfortunati compagni di viaggio di Perseo che cerca le sue streghe e poi si inoltra nello Stige gli manca solo l’anello del potere da buttare nella lava che comunque c’è, in scena, ad aumentare il senso del pericolo.
Blockbuster da far rizzare i capelli, Scontro tra Titani è esattamente quello che voleva essere: zero storia e tanta avventura.
Il 3D è già un inutile vezzo, un valore aggiunto che non alza la somma degli addendi. Anzi, in certi momenti se ne farebbe volentieri a meno.
Degli attori l’unico a suo agio è proprio Sam Worthington che per lo più deve correre e placcare. Su chi aveva solo dialoghi per dare il meglio di sé è meglio stendere un velo assai pietoso.
(Clash of the Titans); Regia: Louis Leterrier; soggetto: Beverley Cross (sceneggiatura originale del 1981); sceneggiatura: Lawrence Kasdan, Travis Beacham, John Glenn, Phil Hay, Matt Manfredi; fotografia: Peter Menzies Jr.; montaggio: David Freeman, Vincent Tabaillon; musica: Ramin Djawadi; interpreti: Sam Worthington, Liam Neeson, Ralph Fiennes, Gemma Arterton, Mads Mikkelsen; produzione: Legendary Pictures, Thunder Road Pictures, Warner Bros.; distribuzione: Warner Bros Pictures Italia; origine: Usa/Gb, 2010; durata: 118’
