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Scoop

Pubblicato il 22 ottobre 2006 da Alessandro Izzi


Scoop

Sembra che, con il passare del tempo, il cinema di Woody Allen cominci a diventare espressione potente di una perdita di speranza nei confronti del futuro del genere umano. I suoi film, anche quelli all’apparenza più solari e divertenti (e Scoop rientra in questa categoria per buona parte della sua durata) si aprono sempre più ad una sottile, strisciante crudeltà. È come se il suo sguardo, persa quell’indulgenza che ancora poteva essere accordata anche ai personaggi più colpevoli, abbia assunto delle tinte quasi perfide. Il suo sorriso, ormai definitivamente intinto nell’acido corrosivo dello sberleffo tragico, non ammette più alcuna possibilità di redenzione per i campioni di una nuova, sempre più gretta umanità.

Dopo la parentesi parzialmente ottimistica dei film Dreamworks (che in realtà segnavano una sorta di ripiegamento artistico che recuperava il tono scanzonato degli esordi risciacquandolo nelle tinte autunnali della mezza età) Allen sembra aver ritrovato uno sguardo più attivo sul presente. Il suo cinema, sempre filtrato attraverso i riferimenti colti ai grandi romanzi ottocenteschi, al teatro di Checov e alle esperienze comiche dei film più amati, ritrova, nella realtà inglese con le sue classi sociali profondamente delineate e coi suoi scenari nuovi, lo spazio per l’espressione di un pessimismo sempre più scorato.

Match point era stato, in questo senso, la chiave di volta di una sorta di passaggio epocale all’interno della poetica del regista. Affine per temi ad un capolavoro sicuro come Crimini e misfatti, il primo film di quella che si avvia ad essere una vera e propria trilogia inglese, rimarcava ad ogni passo una gelida freddezza nei confronti dei propri stessi personaggi che ritroviamo, poi, quasi del tutto confermata anche in Scoop.
Non che Crimini e misfatti fosse un film ottimista. Tutt’altro! Il suo pessimismo era, per certi versi, anche maggiore rispetto a quello espresso in Match point visto che alla fine l’assassino prosperava felice, il regista era condannato al silenzio e il visionario diventava cieco. Rimaneva, però, nelle pieghe del racconto esemplare, un qual senso di compartecipazione anche nei confronti delle figure più indegne unito all’utopia di voler rilanciare checovianamente al futuro delle nuove generazioni (quelle del matrimonio finale) ogni possibilità di dare un senso all’universo incomprensibile ed ostile.

Ora sono proprio le nuove generazioni a farsi, improvvisamente portatrici del sentimento della fine di ogni utopia. Il protagonista di Match point costruisce scientemente il suo futuro sulle miserie degli altri. È un arrivista che elimina dostoevkianamente ogni remora ed ogni rimorso in vista di un fine prettamente egoistico che passa attraverso l’eliminazione dell’amore in favore della comodità. Il Judd di Crimini e misfatti alla fine trionfava, ma la condizione di borghese mostruosità cui aspirava restava, in fondo, certo più desiderabile dello stato sospeso ed autoconsapevole nel quale si viene a trovare Chris alla fine di Match point.
Analogo discorso andrebbe fatto per Scoop che racconta una storia apparentemente più solare e divertita con la sua giornalista imbranata e incapace a portare avanti anche solo una semplice intervista che viene coinvolta suo malgrado in quello che potrebbe essere la notizia del decennio di tutta la stampa inglese. La sua storia d’amore e intrigo con il brillante rampollo della media aristocrazia inglese (anche lui portatore di una mostruosità indicibile) è sempre goffa e alle soglie del ridicolo più puro (e di qui nascono, in fondo, gli accidenti comici che condiscono la vicenda hitchcockiana), eppure, come da copione, ella deve passare attraverso spionaggio, sospetto e inganno per perseguire il suo fine. E Scoop è proprio una storia di intrighi che si moltiplicano specularmente all’infinito e dove la crescita del personaggio principale passa attraverso le tappe di una propria autodefinizione e un proprio aderire alla regole di un sistema che, in fondo, è malato e non può non far ammalare anche i più puri.

Sondra Pranski alla fine del film riesce davvero a firmare il suo articolo e ad avere l’onore della copertina, ma per giungere a questo è stata costretta (ma non ci è dato sapere poi quanto sia stata davvero costretta) ad impossessarsi delle stesse armi crudeli degli antagonisti che vorrebbe denunciare. Se fino alla quasi fine del film la donna ci coinvolge per la sua ingenuità e per il suo candore, proprio in conclusione, con un colpo di coda agile e corrosivo paragonabile proprio a quello di Match point, non può non insinuarsi nella nostra mente il dubbio di quanto proprio quel candore e quell’ingenuità non fossero una simulazione volta all’ottenimento della notizia.
Il personaggio principale cresce in fretta e si appresta ad entrare nel mondo sociale della pellicola con la stessa caparbia e dirompente capacità di calcolo con cui i membri della borghesia intessono le loro trame di delitti e di orrori.

E la sua crescita passa anche, e questo non deve mai essere dimenticato, proprio con il sacrificio dell’elemento comico, con la morte narrativa dello stesso personaggio interpretato da Woody Allen che si consuma in un incidente alla Tatì che lo porta dignitosamente fuori di scena e dagli intrighi di tutti. Lui che è, in fondo, il solo vero innocente di questa fitta trama di inganni.
Nel nuovo mondo delle generazioni di Internet e dei palmari non c’è più posto per il comico e il cantastorie. L’unica alternativa sembra essere la gelida contemplazione di miserie che si fanno sempre più incomprensibilmente distanti da chi ha avuto ancora l’ardire di conoscere qualche vecchio barlume di ideale.

[Ottobre 2006]

(Scoop); Regia e sceneggiatura: Woody Allen; fotografia: Remi Adefarasin; montaggio: Alisa Lepselter; musica: non originale; interpreti: Woody Allen (Sid Waterman), Scarlett Johansson (Sondra Pransky), Hugh Jackman (Peter Lyman), Ian McShane (Joe Strombel), Kevin McNally (Mike Tinsley), Romola Garai (Vivian); produzione: BBC Films, Ingenious Film Partners, Ingenious Media, Perdido Productions; distribuzione: Medusa; origine: USA, 2006; durata: 96’; webinfo: Sito Ufficiale

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