Segui il tuo cuore

In inglese il titolo del film è semplicemente il nome dell’eroe eponimo: Charlie St Cloud. Una semplificazione rispetto al romanzo che, invece, recitava come una prosopopea di Pericle il quasi wertmulleriano: The Death and life of Charlie St Cloud (titolo che, ci si dice, è rimasto intero in alcuni paesi in odore di autoflagellazione penitenziale).
In Italia, la ben nota pedanteria dei distributori, in associazione con la simpatica canaglieria dei doppiatori e con la consueta pigrizia degli spettatori, ha fatto sì che il titolo perdesse per strada ogni possibile assonanza babbonatalesca che almeno faceva ridere (nei paesi anglosassoni il buon vecchio si chiama, appunto, Santa Claus) per diventare un illuminante Segui il tuo cuore.
L’usura delle parole è tale e tanta che quando lo spettatore incontra il titolo su un cartonato cinematografico, irrimediabilmente scivola rischiando l’osso del collo e/o fratture multiple del setto nasale. L’una e l’altra prospettiva non sono allettanti soprattutto per chi ha pagato il prezzo del biglietto. La prima perché, da morti, non ci sarebbe la consolazione dei pop corn ad interrompere l’assenza di sorprese di una pellicola che scorre mortifera verso il suo prevedibile epilogo. La seconda perché renderebbe difficile al malcapitato di turno soffiarsi il naso ad una delle tante, tantissime scene madri della pellicola.
Si perché Segui il tuo cuore è una sagra del piagnisteo, un trionfo del sentimentalismo d’accatto, una macchina da lacrime di quelle che, credevamo, solo la televisione fosse in grado di produrre.
Un film che si piega alla grammatica non scritta del genere con tale supina acquiescenza da far pensare ad una strana forma di predestinazione. Ed ecco, quindi, che ogni funerale va ripreso con un dolly dall’alto verso il basso ed ogni corsa del protagonista, preso da tormento, va fatta al ralenti, spezzata da lacerti di flash-back mentre la musica, potete scommetterci, fa swishh.
Segui il tuo cuore, in fondo, è un ampio arco melodico che arpeggia, con insistenza ipnotica, su tutte le possibili variazioni del tempo adagio e del registro grave. Mette in scena una storia profondamente jettatoria che flirta coi temi di The Sixth sense senza avere l’estro registico di Shyamalan. E trova la sua unica ragion d’essere nel definirsi come successione strana di sensi di colpa e bisogni di riscatto in un’elaborazione del lutto impossibile.
In breve tutto resta sulla carta privo di ogni qualsivoglia forma di sviluppo. Da qualsiasi parte la si guardi la storia di Charlie sta nel limbo come il fantasmino del fratello che si ostina a giocare a baseball tutti i giorni alla stessa ora che fuori diluvi o cada neve. Non la si può leggere come racconto paranormale puro e semplice perché si porta sempre appresso una chiave di lettura psicanalitica continuamente allusa e che vede nei fantasmi un’estroflessione dei sensi di colpa del giovane protagonista che si sente responsabile per la morte del fratello. Ma allo stesso tempo non la si può leggere come fiaba dolente di un cuore che scende a patti con la morte di un congiunto perché si affida troppo ai risvolti di un finale in strano modo new age.
Il film, in fondo, soffre dello stesso problema dei fantasmi che mette in scena, non riesce a muoversi, permane nello spazio di ogni possibile intenzione senza trovare il coraggio di spingere su nessun altro pedale che non sia quello stucchevole della scena di pianto, del momento di commozione.
Diviso a metà tra un bisogno di cinema e una sicurezza televisiva, Segui il tuo cuore non trova altra formula che quella di dividersi tra grandi cartoline di maniera (gli sfondi naturali immersi sempre in luce di crepuscolo) e primi piani di sentimenti spiattellati in faccia allo spettatore.
Il cuore, quello vero, resta avatianamente altrove.
Per le ragazzine, invece, c’è Zac Efron che, coi suoi occhi blu oltremare, è per il regista la perfetta congiunzione tra paesaggio e personaggio.
Uno Zac Efron che cerca disperatamente di scrollarsi dalle spalle i balletti dei film che l’hanno fatto famoso, ma che comunque ricade in un prodotto ancora televisivo. Uno Zac Efron che cerca di essere interprete, ma che ancora deve pagare le bollette del suo essere diventato divo troppo presto. Uno Zac Efron che noi non abbiamo avuto modo di apprezzare perché il film è stato doppiato coi piedi e abbiamo il sospetto che il suo sia stato un lavoro molto più di “voce”.
E a questo punto non può non sorprenderci la considerazione che, forse, ma proprio forse, Charlie St Cloud non era film così completamente disprezzabile come invece ci è parso Segui il tuo cuore.
(Charlie St Cloud); Regia: Burr Steers; sceneggiatura: Craig Pearce, Lewis Colick; fotografia: Enrique Chediak; montaggio: Padraic McKinley; musica: Rolfe Kent; interpreti: Zac Efron, Charlie Tahan, Amanda Crew, Augustus Prew, Kim Basinger, Dave Franco, Ray Liotta; produzione: Marc Platt Productions; distribuzione: Universal Pictures Italia; origine: USA, 2010; durata: 99’
