Short skin

«Bè, ma non trombano?», chiede Olivia guardando due cani che si annusano senza troppa convinzione.
Lei è ancora una bambina, capricciosa sin dal taglio dei capelli, e porge la sua domanda con l’impertinenza dei più piccoli che sono abituati ad aprire bocca per dar fiato alle curiosità più strane. Uno dei due cani è il suo, un bel maschio che non si è accoppiato mai, l’altro, la femmina, l’ha portato un signore che non si scompone davanti alla sfrontatezza della domanda.
«Ma no! Si stanno studiando…», risponde tranquillo, con una punta di tenerezza nella voce.
«Ma è mezz’ora!», ribatte la piccola. «Ma questa è la parte più bella!», risponde serafico l’uomo suscitando nella ragazzina una domanda ancora più diretta: «Ma io pensavo che la parte più bella fosse trombare! Non è così?»
L’ultimo punto interrogativo è rivolto al fratello maggiore, ancora vergine che risponde come può.
Lo pensava, in fondo anche lui che fosse quella la parte migliore, ma non ha potuto sperimentare ancora per via di una malformazione al pene risolvibile solo con un’operazione chirurgica.
L’attesa obbligata della prima volta, condita dagli esperimenti più improbabili che la fantasia dell’età gli può permettere di provare, lo getta in confusione. Aspetta il suo momento non sa neanche lui se più per paura o per sensibilità.
Cerca, così dice, la ragazza giusta, quella di cui è innamorato da quando era bambino e per questo rifiuta le avances di una coetanea che ci starebbe senza troppi problemi. Allo stesso modo manda indietro una prostituta che pure non sembra battere ciglio nel vedere il suo pene con quel suo pezzo di pelle così dannatamente troppo corto.
Non si accorge, Edo, che quell’attesa che lo macera nell’indecisione è, in fondo, bella di suo, perché si riempie delle tappe di un conoscersi per conoscere l’altro.
Short skin è un delicato balletto di incertezze sull’eterno dilemma del crescere e del diventare adulti.
Il suo movimento è lento e apparentemente svagato come due quello dei due cani che sembrano ignorarsi e, invece, si studiano e si avvicinano, si annusano e imparano a riconoscersi.
La sua bellezza sta tutta nel fatto che si vive il sesso come strumento conoscitivo e come ponte verso un Senso che ci sguscia tra le mani ogni volta che speriamo di afferrarlo.
La sua onestà sta nella capacità di non fermarsi alle risposte ovvie per aprirsi sempre a nuove domande.
La macchina da presa si mette a un passo dalle incertezze del suo eroe e fa di ogni suo turbamento l’oggetto di uno sguardo partecipante.
Poco importa che per raccontarci la sensibilità del maschio di fronte alla sua prima volta sia stato necessario mettere in campo il tema della malformazione che rende tutto più difficile perché, in fondo, la confusione emotiva di Edoardo, le sue difficoltà a dirsi e a trovare un proprio spazio di affermazione sono le stesse di Alberto, il suo amico più caro che simula una sicurezza sessuale che non ha, come di tutti i maschi di nuova generazione.
Dietro la figura in primo piano, Duccio Chiarini, assecondato da una sceneggiatura abile ad arpeggiare sul minimalismo, mette lo sfondo di una società sbandata e un po’ divisa, riconoscibilmente italiana pur nella sua vocazione omologata. Così ecco apparire genitori malsicuri, adolescenti, in fondo, non troppo cresciuti e incapaci a gestire a fondo i propri stessi problemi, figurarsi quelli dei figli. Ed ecco apparire nonni bloccati sui cruciverba che non riescono a completare da soli, ma con sulle spalle il peso di nipoti che crescono in un mondo per loro diventato incomprensibile.
Duccio Chiarini non sta a comporre uno spaccato generazionale con l’intenzione del vasto affresco, ma cerca i toni di una narrazione convincente e vera in ogni suo dettaglio.
Short skin è sorprendente per la partecipazione umana ed emotiva con l’universo che sa narrare senza giudicare. Leggero nella sua vocazione alla commedia, il film ha lo spiccato sapore del nostro cinema regionale migliore, senza perdere un necessario anelito all’universalità.
Dice le cose come stanno nella consapevolezza che il corpo è corpo e il sentimento ci sta dentro come la farfalla nel suo bozzolo. Ed è sincero nella sua capacità di non nascondersi dietro falsi pudori senza diventare sfacciato o pruriginoso.
Un film piccolo, ma intenso, caldo e bello.
(Short skin); Regia: Duccio Chiarini; sceneggiatura: Duccio Chiarini, Ottavia Maddeddu, Marco Pettenello, Miroslav Mandic; fotografia: Baris Ozbicer; montaggio: Roberto Di Tanna; musica: Woodpigeon; interpreti: Matteo Creatini , Francesca Agostini, Nicola Nocchi, Miriana Raschillà, Bianca Ceravolo; produzione: La Règle du Jeu; distribuzione: Good Films; orgine: Italia, 2014; durata: 86’
