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SHORTBUS

Pubblicato il 23 novembre 2006 da Andrea Di Lorenzo


SHORTBUS

"E’ come negli anni ’60, solo con meno speranza."

Così potremmo sintetizzare Shortbus: un’unica frase che racchiude l’essenza di un film che traccia, sullo stile d’un Cassavetes, i contorni di una generazione (americana sì, ma siamo sicuri che sia solo quella?) che, nonostante la voglia di cambiare, deve scontrarsi ogni giorno con la dissillusione.
Lasciate ogni speranza, dunque, o voi che entrate nella Grande Mela e perdetevi nel marasma d’una vita quotidiana fatta di paure, psicosi, drammi e voyeurismo, il tutto condito con la famosa salsa John Cameron Mitchell: dai sapori alternativi, decisamente freak.

Avevamo lasciato questo promettente regista nel 2001: allora esordì sullo schermo nei panni (drag) di Hedwig, una diva con qualcosa in più, alla ricerca dell’amore e d’una identità. Oggi, a distanza di cinque anni, di cui tre passati a lavorare con alcuni attori in un workshop d’improvvisazione (per la redazione della sceneggiatura del suo secondo lungometraggio), Mitchell ci propone Shortbus, film già bollato come "controverso" e presentato fuori concorso all’ultimo Festival di Cannes.
La storia di questo film gira attorno ad un Salon, lo Shortbus appunto, luogo d’incontro di un’umanità alla folle ricerca di se stessa: coppie omosessuali ed etero, dominatrici, drag queen, sessuologhe e persino un ex-sindaco di New York, vorticano attorno a questo locale dove, così recita il manifesto, "tutto è permesso". Ciò non deve però trarvi in inganno: nonostante la campagna pubblicitaria, tesa a sottolineare le caratteristiche maggiormente scandalistiche, ed un trailer ad alto contenuto erotico, Shortbus si rivela una commedia drammatica ben lungi da una semplice etichetta pornografica quale quella che si poteva attaccare ad un film come Ken Park, in cui le scene di sesso più esplicite, a detta dello stesso Mitchell, sono decisamente negative. Proprio il regista afferma di "non capire questo inesorabile senso di negatività" che molte pellicole, in particolare europee ed americane, riversano sul sesso, come se fosse un atto drammatico; bisogna rivendicarne la gioiosità, la capacità lenitiva, oltre che riscoprirne l’indole comunicativa. L’atto sessuale diventa così linguaggio, come la musica, forma d’espressione delle proprie emozioni: ed infatti non è un caso che la maggior parte dei rapporti carnali siano inconcludenti, autonomi, proprio ad indicare uno stato d’animo d’insoddisfazione, timore, alienazione e solitudine di cui questi personaggi nuovayorkesi post 11 Settembre sono vittime.

Shortbus mantiene, nel suo stile, delle affinità col precedente lavoro di Mitchell, a partire dall’uso di animazioni: veloci voli d’uccello su New York usati per inframezzare le scene con attori in carne ed ossa, realizzate da John Bair, che già fu animatore in Hedwig - La diva con qualcosa in più. Anche i dialoghi si mantengono sullo stesso livello: sono fiammanti e scurrili, ma d’uno humor carnale privo di qualsiasi volgarità e con battute decisamente sagaci.
Particolare di non poca rilevanza è, inoltre, la scelta dei personaggi: se Hedwig aveva visto salire alla ribalta un Mitchell decisamente bravo ed a suo agio nei travestimenti, Shortbus ha tra i suoi punti di forza la scelta d’attori sconosciuti che, senza nulla togliere alla bravura ed al coraggio d’ognuno, si amalgamano l’uno nell’altro nel formare un unico grande personaggio dalle molteplici sfaccettature, ovvero la generazione nine/eleven, che vede nell’attentato alle Twin Towers l’unico vero momento di vita vissuta; un’insieme di volti, esperienze ed emozioni, che convergono in un unico luogo: un’alcova segreta dove la mente può vagare libera, con uno scopo primario che è quello della ricerca della felicità.
Un’utopia, forse... non così difficile da raggiungere come sembrerebbe.

(Shortbus) Regia, soggetto e sceneggiatura: John Cameron Mitchell; fotografia: Frank G. DeMarco; montaggio: Brian A. Kates; musica: Yo la tiengo; scenografia: Sarah McMillan; costumi: Bart Mueller, Kurt Swanson; interpreti: Sook-Yin Lee (Sofia), Paul Dawson (James), Lindsay Beamish (Severin), PJ De Boy (Jamie), Raphael Barker (Rob), Peter Stickles (Caleb), Jay Brannan (Ceth), Justin Bond (Justin Bond), Alan Mandell (Tobias, l’ex sindaco), Jesse Hardman (Jesse, the John); produzione: Fortissimo Films, Process Productions, Q Television; distribuzione: BiM; origine: USA, 2006; durata: 101’; web info: Shortbus.it.

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