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Silvana Pampanini, detta Mimì Panpan.

Pubblicato il 11 gennaio 2016 da Monia Manzo


Silvana Pampanini, detta Mimì Panpan.

Ci ha lasciato per sempre il 6 gennaio a novant’anni la "Romana de Roma", così amava definirsi Silvana Pampanini, nonostante fosse stata la prima vera diva cinematografica di origine italiana, riconosciuta in tutto il mondo da Occidente ad Oriente (basti ricordare una piccola pazzia fatta dal sovrano del Giappone).
La Pampanini era nata nella capitale il 25 settembre 1925 da una famiglia della borghesia capitolina; dopo gli studi magistrali aveva frequentato il conservatorio di Santa Cecilia per studiare canto e pianoforte, forse influenzata nella scelta dalla celebre soprano lirico Rosetta Pampanini, sua zia, che si ritirerà dalle scene proprio nel periodo in cui Silvana aveva iniziata a calcarle.
L’evento che l’aveva portato nel mondo dello spettacolo era stato il concorso nazionale di Miss Italia: nel 1946 la sua maestra di canto aveva inviato una foto della bella Silvana perchè venisse selezionata per il concorso; la manifestazione si svolse a Stresa nel mese di settembre durante la quale nonostante fosse arrivata seconda, fu talmente acclamata dal pubblico contrario al suo secondo posto, tanto da guadagnarsi un ex-aequo con la vincitrice Rossana Martini.
Da quel momento la notizia farà molto clamore e dopo numerose polemiche arrivarono subito le prime offerte di lavoro per il cinema; infatti Silvana colpiva immediatamente per la sua avvenenza, tanto che il suo corpo sexy e formoso era diventato un modello di bellezza dell’epoca, influenzando il successo di altre due future dive come Gina Lollobrigida e Sofia Loren.
Dagli inizi degli anni 50’ era l’attrice più pagata e richiesta d’Italia, situazione che aveva spinto il padre, inizialmente contrario alla carriera intrapresa dalla figlia, ad assumere le funzioni di manager personale e gestore del suo patrimonio.
La Pampanini era passata dunque da semplice ragazzona romana ad essere un simbolo della bellezza italica nel Mondo: tutti la volevano e riuscì a girare in un anno fino a 8 film, addirittura rifiutandone alcuni importanti (in tutto ne ha collezionati 63). La vollero, tra gli altri, Comencini, Risi, Germi, De Santis e fu la protagonista assoluta degli anni 50’, dando volto ad una donna della rinascita italiana, simbolo di un Paese intento a recuperare la bellezza perduta durante il secondo conflitto mondiale.
Tra i suoi maggiori successi possiamo ricordare: I pompieri di Viggiù che, accanto a Totò suo grande ammiratore, nel 1949 la rivelò al grande pubblico; e poi O.K. Nerone di Mario Soldati, Bellezze in bicicletta (1951) in cui canta anche l’omonima canzone, La presidentessa (1952) di Pietro Germi), Processo alla città(1952) di Luigi Zampa, Un marito per Anna Zaccheo di Giuseppe De Santis (1953) - probabilmente il suo film migliore -, La bella di Roma(1955), una commedia di Luigi Comencini, Racconti romani (1955) tratto dal libro di Alberto Moravia e La strada lunga un anno sempre di Giuseppe de Santis (produzione jugoslava, ignorata in Italia, nonostante il film fosse stato candidato all’Oscar come miglior film straniero nel 1959).
Dopo aver curato, nel 1958, la regia di due short musicali, Giuseppe Verdi e Melodie a Sant’Agata, viene diretta da Dino Risi ne Il Gaucho (1964) nei panni di una diva al tramonto. Questa è restata la sua ultima grande apparizione sugli schermi che lascerà due anni dopo per occuparsi della salute dei genitori. Tornerà poi sulle scene televisive in tarda età mostrando grinta e capacità mai veramente sopite e sorprendendo ancora una volta il pubblico.
La sua caratteristica non è stata solo la bellezza esuberante ed erotica, ma piuttosto la vita di donna moderna, precorrendo i tempi di un femminismo sessantottino: a differenza di altre attrici del tempo, infatti, si era dedicata poco alla ricerca di un marito. Aveva preferito essere indipendente sia come artista che nel quotidiano, trascorrendo molto del proprio tempo in giro per il mondo e presenziando ai festival come ambasciatrice del cinema italiano all’estero.
Per la Pampanini donna-ante litteram, gli spasimanti potevano addirittura diventare un problema, rifiutandoli, come nel caso del produttore Moris Ergas che alla fine le rovinò la carriera per vendicarsi e ci riuscì. Lei aveva sempre amato un solo uomo, come ha raccontato nella sua autobiografia (Scandalosamente Perbene, Editore Gremese, Roma 1996), che per altro era lontano dal mondo dello spettacolo. Di dieci anni più anziano di lei, non è stato mai identificato ed è morto nel 1952 a seguito delle conseguenze di una malattia contratta nel corso della Seconda Guerra Mondiale. Un mese dopo si sarebbero dovuti sposare.
Con Silvana Pampanini non ci lascia solo una bravissima attrice ma il sogno di rinascita degli anni 50’, quando la floridità, il sorriso e l’ammaliante bellezza di una donna rappresentavano non solo un canone estetico ma il sogno del mondo nuovo e migliore che avanzava. La Pampanini era tutto questo: il simbolo del nostro Dopoguerra, l’età splendente della Roma del cinema, quando i film erano un’assonanza di Cinecittà e tutto faceva sognare un po’ di più.


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