Sing

"La paura non deve impedirti di fare ciò che ami!"
- Buster Moon
Il nuovo lungometraggio d’animazione prodotto dalla Illumination Entertainment (conosciuta per il franchise Cattivissimo me I e II, Minions inclusi, e Pets – Vita da animali) parte da un imperativo: il titolo Sing, ovvero canta, racchiude un messaggio liberatorio, e allo stesso modo salvifico, dalla potenza primordiale, come a voler sottolineare il potenziale di un atto fisico imprescindibile e quasi involontario, necessario per poter mettere a nudo la nostra individualità.
Sing, scritto e diretto da Garth Jennings (già avvezzo al microcosmo video-musicale, per aver realizzato videoclip con Radiohead, Pulp e R.E.M. su tutti), prende vita sfruttando uno degli elementi essenziali che hanno reso grande il cinema d’animazione fin dai primi anni del suo fulgore, in special modo in riferimento ai classici Disney, ossia la canzone. Stavolta, però, l’elemento musicale-canoro non funge da corollario allo svolgimento narrativo, nè da belletto sfarzoso per infondere calore e dimensione ai personaggi, ma si eleva a un livello superiore, a causa scatenante degli eventi narrati: Sing non è un semplice musical o, per l’esattezza, sembra un musical ma non lo è nell’accezione più classica del termine, proponendosi come un’elegia alla musica e al suo potere corroborante e rivelatorio.
Lo sa benissimo il koala Buster Moon, propietario di un vecchio teatro sull’orlo della bancarotta, che decide di indire un concorso canoro esteso a chiunque dotato di talento musicale che se la senta di mettersi alla prova. In molti si presenteranno alle audizioni, in pochi verranno scelti: i maiali Rosita e Gunter, lei una casalinga chiusa da una vita monotona con un gran dono per il canto, lui ballerino estroverso ma capace; il gorilla Johnny, abile pianista e cantante, costretto dal padre a far parte della banda criminale di cui è capo; il topo Mike, eccelso musicista jazz-swing, passionale e impetuoso; Ash, un’isctrice punk, che scoprirà la sua vera natura artistica grazie all’aiuto di Buster Moon; e, infine, Meena, una elefantessa adolescente, dotata di un’ugola di cristallo, ma troppo timida per esibirsi di fronte a un pubblico (forse il personaggio più amabile, fragile e umano).
Ognuno di loro vive per la musica, che sia di nascosto (Johnny e Meena), chi per professione (Mike e Ash), o ancora come unica fuga dalla realtà (Rosita), ma è sempre la musica che rende i vari personaggi quel che sono: sensibili e verosimili, più dei comprimari, che quasi sfuggono al corso degli eventi, restando impassibili (il marito di Rosita, stressato dal proprio lavoro non nota nemmeno l’assenza della moglie) o inadatti al contesto sociale in cui vivono (il padre di Johnny è un criminale e, per questo, finirà con l’essere arrestato).
Sing mette, dunque, la musica intesa come arte, in cima alla catena dei valori, poichè esprimere e affinare la propria vena artistica è non solo un moto di condivisione con gli altri, ma atto d’amore e rispetto verso se stessi, tentativo su tentativo di sfruttare a dovere quel qualcosa in più, quel talento innato, che non tutti posseggono e, proprio per questo motivo, non deve essere sprecato o lasciare che venga schiacciato dal peso della società in cui restiamo inglobati. Sing è soprattutto un imperativo, come già accennato, un monito a scrollarsi di dosso le insicurezze e i timori, un invito a mostrarsi per quel che si è, senza freni e senza preoccuparsi del giudizio altrui. Canta, cantate e fatelo in modo che tutti possano sentirvi.
Dopo aver raccolto l’invito, non si può non rimanere incantati anche dal comparto visivo che il film offre: l’animazione digitale della Illumination Entertainment si glorifica di un’accuratezza del dettaglio quasi maniacale, perfettamente bilanciata nei cromatismi e in grado di richiamare subliminalmente alcune figure di spicco del panorama artistico presente e passato: il gorilla Johnny è un giovane Bruno Mars alla ricerca di se stesso, il topo Mike fa il verso a Frank Sinatra, la vecchia gloria Miss Nana Noodleman strizza l’occhio alla mitica Maria Callas e così molti altri, puntando sull’aspetto esteriore o quello interiore, riciclano con purezza d’intenti stili e clichè dell’epoca d’oro del mondo dello spettacolo.
Sing, dunque, elogia l’arte e ricorre all’arte come unica salvezza dalla bruttezza (intesa come appiattimento individuale) e dall’assenza di principi. L’arte concepita come rappresentazione nobile dell’individuo o fisica, negli spazi (il teatro, il cinema!) e nei corpi dei protagonisti che cantano, ballano, suonano, sudano, si affaticano. Vivono.
(Sing); Regia: Garth Jennings; sceneggiatura: Garth Jennings; fotografia: François Moret; montaggio: Gregory Perler; musica: Joby Talbot; interpreti: Albert Brooks, Matthew McConaughey, Reese Witherspoon, Seth MacFarlane, Tori Kelly, John C. Reilly, Taron Egerton, Scarlett Johansson, Nick Offerman, Leslie Jones, Jennifer Saunders, Nick Kroll, Peter Serafinowicz, Jay Pharoah, Beck Bennett, Rhea Perlman, Jennifer Hudson (voci originali); produzione: Illumination Entertainment; distribuzione: Universal Pictures; origine: 2017, U.S.A.; durata: (esempio) 108’
