Small apartments (DVD)
Small Apartments cerca la maggior parte del suo significato nella location.
Siamo in un condominio della periferia losangelina. Un casermone basso e greve che sfida, con il suo cemento, un tutt’intorno di periferia che non è facile definire con chiarezza. In mezzo al niente, il condominio è un’isola con una sola strada che porta ad un solo negozio dove tutti comprano tutto, soprattutto sigarette e bibite.
Per andare in qualunque altro posto, bisogna mettersi al volante e sfidare lunghe strade che passano nel nulla dell’indifferenza generale, con poche case anch’esse isolate e qualche lampione di ordinario squallore.
Non è comunque, che dentro i singoli piccoli appartamenti le cose cambino molto. Si tratta di monolocali di pochi metri quadrati con vaste finestre che sfidano la squallida vista che dà su altri appartamenti uguali con le loro storie quotidiane di gente che non sa bene cosa vuole dal futuro. Tanto bassi e tanto stretti che ognuno ci costruisce dentro l’altrove che più gli piace. Sullo stesso piano ci sono, infatti, il Signor Allspice, un artista di probabilmente scarso talento che le pareti della sua abitazione le ha sfondate di quadri che, però, rimandano ad altri inferni e, invece di andar fuori in cerca di cielo, ricadono nel proprio Io fitto di sbarre. C’è poi Tommy Balls che il suo squallore lo nasconde dietro i paradisi artificiali delle pipe ad acqua, ma che il suo futuro se lo cerca in mezzo a mille idee di cui almeno una potrà essere fecondata dal successo. E c’è, infine Franklin Franklin (nome e cognome) che s’è appeso nel soggiorno un collage di foto della Svizzera e, nell’attesa del ritorno del fratello che dovrebbe prendersi cura di lui, beve Moxie, mangia sottaceti, è indietro con l’affitto, sogna di partire a caccia delle alte montagne delle pubblicità delle caramelle per la gola.
Il problema di Small Apartments non è tanto nel fatto che mescoli (o ci provi) tragico e grottesco, surreale e commedia. Di film di questa fatta l’industria americana low budget ne ha prodotti tanti e anche di molto buoni.
Il suo problema non è neanche che cerchi un modo diverso di raccontare e che gli permetta di superare l’esilità della trama gialla (a un certo punto ci scappa anche il morto e i goffi tentativi di liberarsi del cadavere).
Il suo problema non sono neanche le ambizioni di superare la descrizione di un microcosmo alla deriva che lentamente muore nella ripetizioni di abitudini che sono spesso più strette delle celle delle prigioni.
Il problema è strutturale ed è legato proprio ad uno dei suoi meriti maggiori: la scelta della location.
Questi appartamenti tutti uguali, da gironi infernali in cui ognuno è aguzzino di se stesso e ognuno soffoca le proprie personali aspirazioni, suggerirebbero allo spettatore le logiche di una narrazione corale in cui ogni personaggio, con la sua singola storia, ha diritto, non solo alla sua scena madre, ma anche al suo frammento di racconto, al suo momento di autentica espressione.
Lo spazio del racconto rivendica a sé il diritto del primo piano, dovrebbe essere lui il protagonista indiscusso della pellicola. Invece, da un certo punto in poi è solo Franklin ad assumere un ruolo preponderante, è lui che uccide accidentalmente il proprietario del palazzo, è lui che cerca di nasconderne il corpo, è lui che esce ed entra nello spazio, con la promessa di una fuga che è prima di tutto una rivincita su un mondo che non capisce e da cui non è sua volta capito.
A tutto questo si aggiunge la presenza del detective (un inaspettato Billy Crystal che cerca un personaggio sottotono, anch’esso depositario di un possibile lieto fine) che investiga sul delitto e scopre questo posto di piano orrore.
Però la vocazione del racconto resta quella di un quadro d’insieme e la location che lo ospita invita ad una coralità da guardare dall’alto con empatia e distacco al tempo stesso.
Small apartments, che per il resto nasconde delle immagini molte volte folgoranti e si avvale di un cast a suo modo imponente, paga il pegno della sua indecisione tra la storia di tutti e quella di uno solo.
La qualità audio-video
Discreto il quadro con un film che alterna i colori brillanti delle scene svizzere a quelli più dimessi della periferia losangelina. Il formato anamorfico garantisce al tutto di respirare in un 16/9 ampio che sapientemente cozza con gli spazi ridotti di gran parte del racconto. Non si ravvisano particolari segni di artefatti digitali.
Quattro tracce audio, tutte in 5.1, costituiscono l’offerta di un DVD che aspira ad un’apia fetta del mercato europeo. Le tracce sono pulite.
Extra
Il Backstage è un momento conviviale in cui tutti dicono bene di tutti e ti lascia con un’immagina fugace, ma falsata dell’atmosfera che si respirava su un set di pochi giorni (il film è stato girato in fretta e in pieno spirito di economia).
Come costruire una pipa ad acqua è un brevissimo filmato che solleticherà maggiormente la fascia di pubblico più giovane e incline alla goliardia.
(Small Apartments); Regia: Jonas Åkerlund; interpreti: Matt Lucas, Johnny Knoxville, James Caan, Dolph Lundgren, DJ Qualls, Peter Stormare, David Warshofsky, Rebel Wilson, Juno Temple, Rosie Perez; distribuzione DVD: Sony
formato video: 1.85:1 (anamorfico); audio: Inglese, Italiano, Francese, Polacco Dolby Digital 5.1; sottotitoli: Italiano, Inglese, Inglese per non udenti, Arabo, Ebraico, Francese, Greco, Hindi, Olandese e Polacco.
Extra: 1) Backstage - Dietro le Quinte 2) Come costruire una pipa ad acqua