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Spy kids 2: L’isola dei sogni perduti

Pubblicato il 20 gennaio 2003 da Alessandro Izzi


Spy kids 2: L'isola dei sogni perduti

È interessante notare come i maggiori autori del cinema contemporaneo, nell’accostarsi alle possibilità innovative offerte dai sempre meno costosi effetti digitali, ricerchino, attraverso le immagini rielaborate al computer, un sempre più proficuo contatto con gli effetti speciali artigianali dei B-movie del cinema classico americano (e non solo). Si nasconde, dietro le loro immagini ammiccanti ed ipertecnologiche, un desiderio di ritrovare, nel solo atto di fare cinema, quella capacità di stupire il proprio pubblico, quell’abilità di inventare mondi improbabili e fantasiosi, quel gusto un po’ barocco e palesemente assurdo che erano propri solo di pochi fortunati artigiani che dedicavano al cinema tutta la loro voglia di sognare. Si ricerca, allora, attraverso lo sfoggio delle possibilità offerte ora dalla computer grafica, non l’utopico punto di non ritorno dell’immagine (alla Final Fantasy, per intenderci, cioè un mondo completamente generato da fasci di bytes), quanto, piuttosto, il ritorno all’arcano, al mitico, all’archeologia dell’immagine e della fantasia che vi si nasconde dietro. I massimi sforzi della tecnologia digitale sono quindi obbligati a ritrovare il respiro, l’andamento a scatti innaturali e la palese dimensione di falsità magica di quei mostri e di quelle creature che, costruite nottetempo nel retro di un qualche garage con plastilina di quarta mano ed animazione a passo uno, hanno costituito, per lungo tempo, l’unico ponte tra Realtà e Sogno, tra Contingente ed Assoluto. Ed è proprio nello scatto invisibile tra un fotogramma e l’altro, in quel momento in cui l’effetto speciale tradisce la propria dimensione di puro e semplice trucco da illusionista di infima categoria che il pubblico può trovare lo spazio per dar libero sfogo alla propria fantasia e alla propria voglia di sognare perché è proprio nella palese irrealtà delle scene che scorrono sotto suoi occhi che può nascondersi la rivelazione inaspettata del coraggio di quelli artefici che hanno avuto l’ardire di immaginare, attraverso un po’ di luce e qualche metro di pellicola, quel mondo. Una scoperta questa che ci riporta un po’ all’infanzia (nostra e del cinema al tempo stesso), al gioco e al ricordo. A tutti coloro che affermano, con qualche punta di malcelata arroganza e con quel tono perentorio da predicatore medioevale, che la nascente industria degli effetti digitali, porta necessariamente alla distruzione del racconto e della fantasia che dovrebbe immaginarlo, la visione di un film come Spy kids 2 andrebbe imposta. Non perché la pellicola di Rodriguez sia un capolavoro (resta, comunque, legato ad una dimensione di puro e semplice divertissment, per quanto dotto), ma perché esplora continuamente questo mondo, gioca con gli effetti speciali con la stessa curiosità e irriverenza di un regista come Melies che spostando la macchina da presa da un punto ad un altro scopriva, quasi per caso, le possibilità del montaggio cinematografico. Tutta la parte del film che si svolge sulla magica Isola dei sogni perduti (mai titolo fu così indicativo), nel suo ricercare echi dal cinema di Ray Harryhausen (mostri mitologici metà ragno metà scimmia, scheletri animati ecc.) ha quel gusto un po’ naif che è il dono di un cinema di puro svago ed intrattenimento (ma mai banale). Certo ci si trova pur sempre di fronte ad un film Buena Vista, con tanto di palese celebrazione dei buoni sentimenti e dei sani valori come la famiglia e l’amicizia, ma la volontà ludica che permea tutto, il ritmo forsennato del montaggio, il gusto parodistico che resta sempre centrale ad ogni idea, sono talmente rocamboleschi, talmente baracconi, talmente coinvolgenti da soffiare la melassa zuccherosa della Disney al punto da ridurla a vero e proprio zucchero filato. Un film per nulla inferiore al primo Spy Kids, denso di omaggi al cinema di genere e vorticosamente immaginifico in cui a trionfare è solo la fantasia. E se è vero che qualche punto debole c’è, non da meno l’idea di raddoppiare i due giovani investigatori (affiancati-ostacolati qui da una coppia di fratelli satanica: Matt O’Leary e Emily Osmet, efficaci) è carina, Antonio Banderas sprizza simpatia ed autoironia e Ricardo Montalban su una sedia a rotelle volante, riscalda il cuore di noi tutti. Cosa chiedere di più?

(Spy Kids 2); Regia: Robert Rodriguez; Sceneggiatura: Robert Rodriguez; Fotografia digitale: Robert Rodriguez; Montaggio: Robert Rodriguez; Musica: Robert Rodriguez e John Debney; Interpreti: Antonio Banderas, Carla Gugino, Alex Vega, Daryl Sabara, Steve Buscemi, Matt O’Leary; Origine: USA, 2002; Produzione: Elizabeth Avellan e Robert Rodriguez; Distribuzione: Buena Vista

[gennaio 2003]

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