Star System - Se non ci sei non esisti

How to lose friends and alienate people racconta la singolare storia di Sidney Young, un giovane e promettente giornalista di Londra conosciuto molto più per i suoi modi grezzi e il suo particolare cinismo che per i successi ottenuti sul lavoro. Malato di protagonismo oltre ogni limite, egli ci viene descritto come un personaggio eccentrico e bizzarro, politicamente scorretto nel giudicare il costume della società contemporanea e nel sottolineare i difetti di uno star system non sempre limpido. La libertà di movimento offerta dalla sua piccola rivista gli concede da un lato l’opportunità di rifiutare compromessi con il sistema (lasciando ampio spazio alla sua dissacrante invettiva) ma, dall’altro, gli preclude la possibilità di raccontare nel modo dovuto i gangli di una lobby dell’immagine notoriamente attenta a non lasciarsi cannibalizzare da un giornalista qualunque. Quando la sua vita sembra ormai destinata a proseguire sui binari dell’anticonformismo e della invisibilità professionale, un evento favorevole interviene con sorprendente tempismo, a scuoterla definitivamente. L’editore di una delle più importanti riviste di costume d’America si accorge delle qualità del giornalista e decide di affidargli un ruolo all’interno della propria redazione newyorkese. In un crescendo di emozioni, il film comincia a seguire, d’ora in poi, il percorso sconclusionato di Sidney, raccontando e mostrando il suo arrivo a New York, il suo primo giorno di lavoro alla rivista Sharps, i suoi difficili rapporti con i colleghi e con la padrona di casa polacca, i suoi fallimenti e le sue disgrazie, i suoi innamoramenti e i suoi sbalzi ormonali, fino al momento della scalata professionale, delle rivincite tanto attese, dei compromessi e della disillusione finale. Punti essenziali di una storia e capitoli di una vita che prima di trovare realizzazione sul grande schermo ha avuto la possibilità di essere raccontata, sulle pagine del libro omonimo, da colui che l’ha realmente vissuta. Un signore chiamato Toby Young, con il passato da giornalista squattrinato londinese e un presente da autoironico co-produttore del proprio anomalo biopic.
Il primo elemento a risaltare in Star System è proprio l’attenta costruzione del suo personaggio principale. Accentuata in maniera parossistica rispetto al passato, la figura stravagante e tumultuosa di Young si può considerare a tutti gli effetti la ragion d’essere della pellicola. Molto si deve al volto capriccioso e birichino di Simon Pegg, un inglese molto più cool di tanti cugini americani e mattatore assoluto della pellicola di Weide. Il suo Sidney Young è elemento indispensabile per il film che lo ospita, è monopolista dell’immagine, dittatore della risata, motore narrativo, corredo scenico di supporto agli altri attori e simbolo di un giornalismo che non c’è più. Egli conquista sin dai primi minuti le simpatie dello spettatore, lo prende per mano e lo accompagna per tutta la durata del film. La nostra visione è infatti condizionata da una narrazione a ritroso, appositamente costruita sulla figura di un protagonista dinamico e in evoluzione, a volte buffone ma, sempre e comunque, rassicurante e onesto nei confronti del suo pubblico (da qui deriva la fiducia che lo spettatore gli concede). A parte il flashback iniziale, il film di Weide ricorda molto Il diavolo veste Prada per la sua struttura interna, per le tematiche affrontate e per lo stile sciolto e fresco della messa in scena. Rispetto al film di Frankel, però, Star System si attesta su livelli comici decisamente più alti ed elaborati, a volte raggiunti grazie a sketch rocamboleschi e chiassosi, giocati sulla fisicità giullaresca di Pegg, altre invece grazie ad una maniera molto più sofisticata ed intelligente. In questo senso l’ispirazione sembra provenire molto dal Woody Allen ciarliero e cinico di alcune commedie passate, dalle quali lo sceneggiatore Peter Straughan sembra riprendere e rielaborare in chiave più giovanile la sagacia delle classiche freddure alleniane. Non è un caso infatti che il buon Robert Weide abbia occupato, per gran parte della propria carriera professionale, un ruolo importante all’interno della Rollins & Joffe, storica casa di produzione di molti film del maestro newyorkese. E non è nemmeno un caso che il giovane regista dopo quella esperienza abbia realizzato un insieme di opere (la serie Curb your enthusiasm ad esempio), tutte molto interessanti e tutte coerenti con lo stile esplosivo messo in mostra in questo lungometraggio d’esordio. Star System è un lavoro molto brillante non solo per la sua naturale spontaneità ma anche e soprattutto per una serie di peculiarità che non ci saremmo attesi da un film del genere. Tanto per cominciare l’opera riesce con estrema semplicità ad alimentare contemporaneamente molteplici tendenze, provocando in tal modo intersezioni e collisioni affascinanti, a volte ai limiti del surreale. Il romanticismo della storia d’amore tra Sidney e la giovane giornalista Alison Olsen (Kirsten Dunst) si confonde ad esempio con il sarcasmo degli incidenti continui, o la rappresentazione maligna di un certo mondo dello spettacolo fatto solo di lustrini e paillettes (lindi surrogati di alcool e droga) inevitabilmente si scontra con l’idealismo di un certo giornalismo puro di cui Sidney ed Alison sono i rappresentanti più evidenti. Star System riesce poi a regalare momenti di cinema molto buono, abilmente confezionato da un metodo esigente che richiama la leggerezza della romantic comedy più pura ma che non disdegna ad esempio un cenno d’assenso nei confronti della follia visionaria di un maestro come Fellini (numerosi sono i riferimenti all’interno del film). L’opera di Weide ha la capacità infine di trasmettere durante la visione un forte senso di armonia e serenità, frutto di una coesione interna e di una unione di intenti abilmente raggiunta sul set da tutti i protagonisti coinvolti. Il film appare così come uno splendido mosaico, in cui ogni singolo tassello è posizionato nel posto giusto ed inserito nel momento adatto, a tutto vantaggio di una narrazione senza intoppi e di una qualità generale della performance artistica decisamente oltre la media. Una piacevole sorpresa che ci piace vedere rappresentata però solo ed esclusivamente nel volto di Simon Pegg, questo comico della nuova era dall’aspetto un po’ buffo, i modi cialtroneschi e lo sguardo, al contempo, tenero e malizioso.
(How to lose friends and alienate people) Regia: Robert Weide; soggetto e sceneggiatura: Peter Straughan, tratto dal libro originale di Toby Young; fotografia: Oliver Stapleton; montaggio: David Freeman; musiche: David Arnold; scenografia: John Beard; costumi: Annie Hardinge; interpreti: Simon Pegg (Sidney Young), Kirsten Dunst (Alison Olsen), Jeff Bridges (Clayton Harding), Danny Huston (Lawrence Maddox), Gillian Anderson (Eleanor Johnson), Megan Fox (Sophie Maes); produzione: Number 9 Films, Film4, Intandem films; distribuzione: Mikado; origine: UK; durata: 110’; web info: http://www.how2losefriendsdvd.com/.
