STAR WARS: EPISODIO 3 - LA VENDETTA DEI SITH
Quando un cerchio si chiude, quando un disegno cosmico si compie, è come se le costellazioni ricevano una giustificazione a posteriori, l’armonia delle sfere si manifesti per qualche istante ai comuni mortali. Nel caso. la linea ideale che l’artefice ha donato alla sua opera somma è retta dalle imperscrutabili ragioni della Forza, e dalla poesia delle età dell’uomo. Questo sconcerta in Lucas: l’essere diventato uno degli ultimi mogul del cinema coltivando semplicemente, pervicacemente i propri sogni adolescenziali, continuando a far ruotare le galassie intorno alla notte di Modesto innervata di graffiti americani; eppure capace di donare al suo delirio pop, pulp, fantasy le profondità di una cultura onnivora e la grazia di un’ispirazione mistica che gli innumerevoli epigoni (pochi, illuminati jedi, tanti aspiranti Sith tentati dal lato oscuro) non hanno saputo e voluto cogliere, soddisfatti dall’epidermica patina dinamica, ibridatoria e merceologica che si associa al marchio lucasiano. Episodio 3 è un pilastro portante di quest’edificio ormai giunto a compimento (almeno nella forma “ufficiale”, tacendo dei suoi infiniti rivoli immaginografici). In realtà ogni anta del polittico andrebbe letta non solo “in sé”, ma per il suo ruolo nella percezione globale della saga, ed è in quest’ottica che la peculiarità di tono di ciascun episodio acquista un senso ulteriore. Solo adesso allora si può apprezzare appieno la perfetta curva della prima (o seconda, che si privilegi la cronologia diegetica o mondana) trilogia, trattata con modi incautamente schifiltosi dai fan d’epoca, gli ex bambini o ragazzi rimasti legati all’età dell’oro e del vintage della loro fantasia, incapaci di vedere la lucidità di pensiero teorico che innerva ogni fotogramma o sequenza numerica dell’universo Star Wars. Il bistrattato Episodio 1 era l’incanto multicolore dell’infanzia; Episodio 2, che secondo molti aveva risollevato le sorti della serie ormai data per morta, aveva tutti gli ambigui chiaroscuri dell’adolescenza; gli osanna semi-plebiscitari per Episodio 3 non fanno che ratificare la sua natura di poema oscuro della maturità, solcato da cicatrici ramate come il volto di Anakin, illuminato da un sole corrusco come gli ultimi tramonti di Coruscant. (Così come la perfetta cesellatura avventurosa di 4 si scinderà nelle complessità edipiche di 5 e nella dimensione favolistica di 6). La vendetta dei Sith si svolge tra le luciferine insidie di Palpatine e il peso di profezie shakespearianamente ribaltabili, fino al Gotterdammerung, risolto in calmo furore, e all’alba di una nuova speranza. C’è tutto quello che ci si può aspettare - l’accostamento paratattico delle scene, i trionfi di tendine, la gioia scenotecnica - elevato a una solenne incandescenza. Pare inutile ripetere ancora di come in Lucas riescano a convivere con naturalezza Leonardo, Ariosto e Griffith. Ma non è inutile soffermarsi ad ammirare momenti quali il montaggio parallelo di sublime evocatività tra Anakin e Padme che porta alla discesa di una lacrima e al seguente passaggio al lato oscuro; la tragica suite del massacro degli Jedi in una rutilante fantasmagoria di pianeti; il velo di tristezza che rende così espressivi gli occhi di Joda, la più grande invenzione lucasiana. E considerare come con eleganza senza tempo, dentro e oltre le insorgenze tecnologiche, l’uomo della Marin County abbia fatto confluire dentro Star Wars tutto il cinema fatto fino ad oggi e tutto quello che ci sarà. Arcaismo digitale, sincretismo assoluto. 2005, anno 0.
[maggio 2005]
Cast & credits:
Regia, sceneggiatura: Geoorge Lucas; fotografia: David Tattersall; montaggio: Roger Burton, Ben Burtt; musica: John Williams; scenografia: gavin Bocquet; costumi: Trisha Biggar; interpreti: Hayden Christensen, Ewan McGregor, Natalie Portman, Ian McDiarmid, Samuel L. Jackson; produzione: Rick McCallum per Lucasfilm; origine: Usa 2005; distribuzione: 20th Century Fox Italia; durata: 140’.