Stay Alive

Di teen-horror non si sentiva certo la mancanza. Si tratta tuttavia di un genere sempre molto gradito dal pubblico e William Brent Bell (alla seconda regia dopo la commedia Sparkle and Charme) ce ne propone uno nuovo, ma non per questo molto differente dai predecessori. Un gruppo di amici si trova a giocare a un videogame assassino dal nome Stay Alive: ogni giocatore che muore nel videogioco muore nella realtà. Una leggenda di violenza e sadismo è all’origine del gioco, che non basta mettere in stand by, in quanto sembra avere una vita propria non arrestabile con un semplice stop. Il gioco maledetto sembra ispirato un po’ a Silent Hill e un po’ a Resident Evil, e le sequenze che immergono nel videogame sono visivamente eccezionali. Non si tratta comunque di trasposizioni cinematografiche di videogames. Il gioco è solo l’idea di base da cui parte il massacro del gruppo di protagonisti, idea che purtroppo pian piano naufraga e si attorciglia troppo su se stessa senza trovare spunti originali. E dire che la partenza è più che buona. L’interessante incipit-prologo (un classico del genere da Scream in poi) che presenta il gioco e innesca il meccanismo di diffusione della maledizione “formato consolle” e la prima parte del film hanno un buon equilibrio tra tensione e narrazione.
Purtroppo la seconda parte della pellicola risulta essere solo un rincorrersi di eventi troppo prevedibili per spaventare e troppo banali per mantenere alta l’attenzione del pubblico, ormai abituato a porte che si aprono da sole, specchi che si spaccano, flash con bambini zombie coi volti seminascosti da lunghi capelli fradici. Si punta tutto sulla domanda “chi sarà la prossima vittima?” vecchia almeno di 60 anni (Dieci piccoli indiani ricorda qualcosa?) e si tratta comunque di una domanda a cui gli sceneggiatori faticano a trovare risposte innovative: purtroppo dopo “la gente morta” de Il sesto senso, la paura che arriva all’improvviso non ha avuto eguali.
La particolarità su cui gira tutto il film è comunque interessante. Dopo The Ring ci sono stati così tanti epigoni di dannazioni diffuse con la tecnologia che il videogame rimaneva l’unica strada percorribile, e nell’epoca d’oro di Play-Station e derivati, un pregio da riconoscere al regista è quello di aver saputo percorrere la mania contemporanea proponendo una dipendenza da cui viene generato il male, molto in linea coi tempi. Sembra infatti che si voglia quasi pronunciare un monito contro i videogioco-dipendenti, invitati a staccare per un po’ gli occhi dalla finzione per riaprirli sulla realtà. Non per questo però il lavoro meriterà lunga memoria, dato che sembra soprattutto l’occasione per vedere sul grande schermo qualche volto noto delle serie americane che spopolano nella nostra tv (i protagonisti vengono infatti quasi tutti da Law&Order, Nip/Tuck, CSI: Miami, One Tree Hill).
(Stay Alive) Regia: William Brent Bell; soggetto ; sceneggiatura: Matthew Paterman, William Brent Bell; fotografia: Alejandro Martinez; montaggio: Harvey Rosenstock e Mark Stevens; musiche: John Frizzell; scenografia: Bruton Jones; costumi: Caroline Eselin; interpreti: John Foster (Hutch MacNeil), Samarie Armstrong (Abigal); produzione: Touchstone Pictures; distribuzione: Medusa; origine: USA 2006; durata: 85’; web info:
