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SULMONA 2005 - CONCORSO - QUANDO I BAMBINI GIOCANO IN CIELO

Pubblicato il 14 novembre 2005 da Alessia Spagnoli


SULMONA 2005 - CONCORSO - QUANDO I BAMBINI GIOCANO IN CIELO

Il film di Lorenzo Hendel prometteva molto sulla carta: soggetto originale e interessante, scenari suggestivi e poco sfruttati al cinema, per tacere dell’esperienza quasi ventennale del regista come autore di documentari a sfondo antropologico. Eppure la pellicola si perde, viene da dire, nel proverbiale bicchier d’acqua.
Come per "Le Conseguenze dell’Amore" fu la Svizzera, qui è l’inospitale e ancor più glaciale e distante Groenlandia a far da cornice alla storia italiana. Ma non basta certo lo sfondo suggestivo a ricreare un’emozione. L’immagine della grande isola ghiacciata è cartolinesca né più né meno del calendario di Firenze con l’imagine del duomo che il tour-operator tiene appeso nel suo ufficio.
Il difetto più evidente del film riguarda la strana urgenza avvertita da Hendel di inserire in un modo che risulta pretestuoso addirittura a livello epidermico una vicenda familiare italiana, quella di un padre ed un figlio che entrano a contatto con alcune famiglie di pescatori eschimesi. Ma per quali versi il dolore del piccolo Qippingi che ha perso il padre quando era ancora in tenera età dovrebbe essere accostabile proficuamente a quello di Matteo, costretto a seguire il padre tour-operator di Groenlandia rimane un mistero. Certo, il bimbo italiano è costretto ad allontanarsi dalla mamma per seguire il papà distratto dal lavoro e prova per la prima volta il sentimento desolante della solitudine (altro filo rosso tra i film in concorso, stavolta con "L’Estate di mio fratello"). Il collegamento appare però troppo debole e lo scarso interesse rivestito per noi dai piccoli conflitti della famiglia italiana viene accentuato dall’indubbio valore storico e insieme umano del racconto del gruppo di pescatori locali, che per molti versi pare accostabile a quella degli indiani d’America (addirittura più dimenticati, probabilmente). Bisognerebbe essere in grado di prescindere da tutta la "parte italiana" del racconto, ma ciò appare ovviamente impossibile e il guasto che deriva al film diventa irreparabile.
E, di nuovo, stride con l’abituale asciuttezza con cui il documentarista si accosta al suo soggetto, il sapore dolciastro del finale, in cui la strabiliante apparizione dell’aurora boreale viene spiegata con il saluto ai vivi da parte di "bambini morti che giocano a palla nel cielo".
I modelli cinematografici che sembrano aver ispirato Hendel sono altissimi e gli esiti francamente assai lontani dall’essere pallidamente riprodotti: ovvi gli accostamenti al "papà" Flaherty ("Nanook", certo, ma anche "L’Uomo di Aran"), il capolavoro "Dersu Uzala" di Kurosawa, come pure sono evidenti i rimandi al bellissimo "Decalogo I" di Kieslowski, di cui la prima scena appare come una citazione diretta.

Regia: Lorenzo Hendel Soggetto: Lorenzo Hendel, Silvia Innocenzi Interpreti: Anjiuk J.Bianco, Pele Kristiansen, Niels Ole Maqe, Gedion Josvassen, Lars Kristiansen Fotografia: Frederic Fasano Montaggio: Anna Napoli Scenografia: Luisa Iemma Musiche: Hilmar Orn Hilmarsson Produzione: Silvia Innocenzi e Giovanni Saulini per Orione Cinematografica Durata: 106’ Origine: Italia, Groenlandia e Danimarca


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