SULMONA 2005 - CONCORSO - UN’ORA SOLA TI VORREI

Come si può raccontare la depressione al cinema? L’argomento è particolarmente irriducibile a lasciarsi catturare filmicamente, proprio perché non è riprendendo l’esteriorità della persona che si può rendere conto del male di vivere che la divora dall’interno. Tanto più in un documentario.
La regista realizza quello che può esser definito senza esitazione “solo un film di montaggio”, ma l’esito finale le da ragione: l’effetto sconvolgente della storia vera in questo senso è moltiplicato.
E allora la regista spinge alle estreme conseguenze questo disagio del cinema a filmare l’anima, utilizzando girato d’archivio e filmini privati (quindi materiale non manipolabile, non falsificabile al fine di rendere più palese la malattia), creando una sorta di cortocircuito visivo tra le immagini fintamente rassicuranti della protagonista in vacanza e le sue lettere private in cui invece trapela sempre più evidente l’ombra che oscura progressivamente il suo dolce sorriso e i suoi occhi luminosi e vacui.
Alina Marazzi con “Un’ora sola ti vorrei” ha portato sullo schermo la vera storia di sua madre, l’infelice Liseli, morta suicida in una clinica in cui l’avevano rinchiusa per curarne la depressione e che invece l’ha uccisa.
Cos’è che manca a questa ragazza ricca, bella, dolce e sensibile? Nei filmini in 16 e 8 mm pare divertirsi molto, è allegra, danza, gioca, scherza. Eppure nei primi piani dal fondo del suo sguardo intenso che inchioda lo spettatore alle sue emozioni più intense e gli impedisce di non essere partecipe del suo male, emerge la verità: Liseli non sta affatto bene come mostra, come "dovrebbe".
La ragazza si sente di volta in volta una figlia, una fidanzata, un’amica, una moglie e una madre “sbagliata”, sempre tragicamente non all’altezza delle aspettative degli altri nei suoi confronti.
La sua fragilità trapela teneramente dalle sue lettere, in cui prega le persone che ama di tentare di capire e perdonare la sua “debolezza”...purtroppo però è lei per prima che non può perdonare sé stessa.
Con questo film sua figlia Alina vuole abbattere quel tabù sociale che allora fu la causa della morte di sua madre e che è ben lungi dall’essere superato ancora oggi, sollecitando nello spettatore partecipazione a questa storia per molti versi “esemplare”.
Uno dei film più belli di questo concorso: un’altra protagonista irrequieta, un’altra vita spezzata.
Regia: Alina Marazzi Montaggio: Ilaria Fraioli Montaggio del suono: Benni Atria Suono: Remo Ugnolinelli e Alessandro Feletti Voce narrante: Alina Marrazzi Parole: Luisella Marazzi Hoepli Produzione: Venerdì e Bartlebyfilm Coproduzione: RTSI-Televisione Svizzera con la partecipazione di Telepiù Produzione: Alina Marazzi, Gianfilippo Pedote, Giuseppe Piccioni, Francesco Virga Durata: 55’ Origine: Italia, 2005
