Tattoo

Istinto e razionalità. Da sempre l’eterna lotta tra il bene ed il male si è disputata dentro il conflitto tra questi due grandi aspetti della personalità umana, e il thriller cinematografico più volte ha rivestito con gli stilemi e le convenzioni del genere una discrepanza tanto insanabile. Per quanto riguarda Robert Schwentke, dopo aver costruito una solida struttura drammaturgica, gli è bastato inclinare leggermente il piano della mdp e affondare il suo sguardo in una serie di realtà morbose, crude, rivoltanti, facendole riemerge dal fondo verso lo schermo contro la pupilla martellata dello spettatore. L’interesse di Tattoo sta infatti nel doppio livello in cui si muove: da una parte c’è il corpo nudo, neutro, lineare su cui si muovono i caratteri contrapposti e complementari dei due poliziotti - il roccioso, duro ed esperto Minks e lo sbarbatello neo-diplomato Marc Schrader; dall’altra il corpo tatuato e poi scannato delle immagini di Schwentke che trasforma la caccia - nel senso più carnale del termine - dei due protagonisti all’efferato serial killer e scuoiatore di pelli tatuate, in una kermesse visiva degli orrori della carne, tra il crudo realismo degli snuff-movies e il mondo sotterraneo e iper-allucinato degli emarginati, riflessi distorti degli occhi del desiderio. Il fascino di questo “lato oscuro della forza” della visione potrebbe avere e in alcuni momenti, in effetti, ha una sua resa su quella povera pupilla martellata e a questo punto anche drogata, bisognosa di arrivare al capolinea dell’efferatezza. Ma anche di fronte ad un apparato iconografico tanto evocativo - quelle schiene tatuate che ricordando il visivamente più raffinato Crying Freeman, le cupezze squarciate da luci fredde e asettiche del cinema fincheriano - e una volta disintossicato l’occhio dopato, si ha la sensazione di aver assistito a uno spettacolo balordo, marcio, roboante, che lascia storditi il tempo di un flash o di un effetto dolby-sorround.
[gennaio 2003]
Regia:Robert Schwentke; sceneggiatura: Robert Schwentke; fotografia: Jan Fehse; musica: Martin Todsharow; scenografia: Josef Sanktjohanser; montaggio: Peter Przygodda; interpreti: August Diehl, Christian Redl, Nadeshda Brennicke, Ilknur Bahafir, Joe Bausch, Monica Blei Fatith Cevikkollu, Johan Leysen, Ingo Naujoks; produzione: B.A. Produktion, Lounge Entertainment, Studio Canal; distribuzione: Keyfilms
