TEAM AMERICA

Quando la satira è appesa a un filo. Marionette col gusto del grottesco si incontrano nell’ultima fatica del famelico duo Scott Rudin/Matt Stone, i due “cervelli in uno” dietro il successo di South Park. Qui l’imperativo bellico era quello di riflettere con il gusto cinico che da sempre li contraddistingue niente di meno che la grande forza militare degli Stati Uniti d’America. Irriverenti come sempre, almeno nelle intenzioni, Rudin & Stone hanno quindi pensato bene di straniare il loro discorso pseudo-anti-vetero-militarista con uno dei tanti aspetti che l’animazione ancora offra, quello dei pupi hollywoodiani, nonostante i pixel elettronici e le diavolerie digitali. E per questa scelta “di vita” già ci vorrebbe un discorso a parte: esordire nell’animazione di burattini quando ormai la generazione cinematografica odierna con il 3-D è praticamente già sbarcata su Plutone potrebbe infatti voler dire che, bontà loro, tutto il panorama militare made in USA è costituito da fantocci di legno pronti ad agire per qualsiasi evenienza, in qualsivoglia situazione, in qualunque posto e contro ogni minaccia definibile come tale. E infatti, i protagonisti di Team America sono il classico prodotto della generazione consumistica americana cresciuta a torte di mele, grandi ideali e grossi dolori, ognuno esperto di una specifica disciplina tecnico-tattica, e capaci di portare a buon fine ogni missione facendo “delicatamente” piazza pulita di ogni monumento storico patrimonio dell’Unesco dalla Vecchia Europa al Panama da cartolina passando per l’Egitto e il lontano Oriente. Per essere un film di marionette decisamente molto politically incorrect contro i cosiddetti “poliziotti del mondo”, il lavoro tecnico sulle scenografie elaborate in scala è stato esorbitante. Non tanto e non solo per i rimandi ovvii ai Thunderbirds e a X-Bomber, quanto anche per la ricostruzione di set a misura di burattino che hanno coinvolto nientemeno che l’architetto David Rockwell, colui che ha progettato di Kodak Theater. Il risultato sono scorci che davvero più reali non si possa di Washington (la sequenza demenziale dell’esame di coscienza della new entry Gary è davvero da applausi), Parigi, Broadway e addirittura il Monte Rushmore jamesbondizzato per l’occasione. Così come molto reali sono le effusioni tra protagonisti e la metafora di cotanto egocentrismo artistico da parte dei più noti volti di Hollywood, qui segretamente coalizzati in una sorta di Spectre molto particolare (ricordatevi Matt Damon...) e decisamente legata alla Corea del Nord (!). Il fatto è che però il gusto della satira “vera” e tagliente che sappiamo essere una costante di vita per Scott Rudin e Matt Stone sembra qui implodere più che esplodere in tutta la sua parvenza, soffocata com’è nel film dalle sequenze ad effetto che nemmeno si risparmiano al musical (anzi...), dai costanti dialoghi con sottotesto sessuale, le parolacce e un’ironia frenata forse al cospetto delle intuizioni visive. Ma probabilmente il segreto per leggere in maniera degnamente satirica Team America: World Police è proprio nella metafora visiva di tutte le azioni, di tutte le situazioni, di tutta la “vita” di marionette che non sono solo personaggi da teatrino ma pur sempre soldati che lottano per ideale. Forse solo loro, e sicuramente nonostante tutto e tutti. Ma pur sempre di ideale si tratta. Anche se appeso ad un filo sottile...
[Maggio 2005]
regia: Scott Rudin & Matt Stone sceneggiatura: Scott Rudin, Matt Stone & Pam Brady montaggio: Thomas M. Vogt musica: Harry Gregson-Williams produzione: Scott Aversano & Anne Garefino per Paramount Pictures distribuzione: United International Pictures webinfo: Sito ufficiale
