Tekfestival ’07

Sei giorni di festa per gli amanti del cinema e per aspiranti filmakers. Sei giorni in cui giunge spontanea la riflessione sui problemi legati alla produzione e alla distribuzione di opere cinematografiche. In meno di una settimana il Tekfestival non solo ha confermato tutto ciò che di buono aveva detto in questi anni, ma ha aggiunto novità interessanti sia dal punto di vista dell’impegno sociale e della provocazione, sia per quanto riguarda il carattere sperimentale ed eclettico dei film presentati.
Le diverse categorie erano suddivise in modo tale da dare ampio respiro alla manifestazione e da poter presentare rarità e novità in maniera equa. Oltre al concorso nazionale (e da quest’anno anche internazionale di documentari), il Tekfestival ha garantito un’ampia gamma di scelta fra le diverse categorie: la sezione Panorami ha offerto spaccati della società contemporanea, degli eventi del passato e delle biografie dimenticate; Ri/tratti si è caratterizzata per una scelta rivolta alla scoperta di opere sperimentali; Phag Off invece, ha lanciato uno sguardo sul cinema gay e queer e qui non possiamo non menzionare un gioiello proiettato durante la rassegna, ovvero The adventure of Iron Pussy, una delle prime opere del tailandese Apichatpong Weerasethakul, autore di Tropical Malady che conquistò Cannes nel 2004 e di Sindromes and the centuries, presentato a Venezia lo scorso anno. Una delle retrospettive più interessanti è stata la Rassegna del cinema delle donne, sezione nella quale è stato possibile ammirare due opere (tra cui il provocatorio Hounded/Verfgolgt) della tedesca Angelina Maccarone, giovane autrice che sta riscuotendo un notevole successo nei festival di tutto il mondo.
Il cinema non ha un solo volto. Anzi: è necessario estendere il senso stesso della definizione di cinema. La varietà delle opere presentate al Tekfestival sono la chiara dimostrazione che anche con un budget limitato è possibile realizzare lavori di altissimo livello. Festival come il Tek fanno sì che, da una parte, emerga in superficie quell’universo cinematografico parallelo che spesso le distribuzioni medie e grandi impediscono di conoscere e, dall’altra, che venga data una chance a tutti i filmakers che operano su diversi tipi di supporti, dal 35mm al digitale, di far conoscere e apprezzare le loro opere.
La serata-evento di presentazione della rassegna è stata la summa di tutto ciò che si sarebbe visto successivamente: Berlino, sinfonia di una grande città, documentario di Walter Ruttman del 1927, musicato dal vivo dalla jazz-core band degli Zu, imperdibile testimonianza di come passato e presente possano incontrarsi e generare creature artistiche ibride di grande spessore. Di operazioni come questa in Italia ne esistono ancora troppo poche. Questione di soldi? Eppure il pubblico c’è...
