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Tenet - un mind game film

Pubblicato il 27 agosto 2020 da Matteo Galli
VOTO:


Tenet - un mind game film

Guardando ieri su un grande maxischermo Tenet di Christopher Nolan, ci sono tornati in mente, a più riprese, gli scritti di un grandissimo studioso di cinema che se ne è andato, all’improvviso, nel dicembre dell’anno scorso, ovvero Thomas Elsaesser. Nel 2009 Elsaesser coniò in un importante saggio il termine di “mind game film” come una delle caratteristiche dominanti del cinema neo-noir o neo-fantascientifico almeno a partire dalla metà degli anni ’90. Scrive Elsaessser che vi sono due tipi di "mind game film": quelli in cui il protagonista è vittima di un gioco che non conosce o comunque non sa bene chi stia giocando con lui e quelli più concentrati sul concetto di “mind”, ovvero film nei quali il protagonista, essendone fino a un certo punto consapevole, è vittima di uno stato di alterazione mentale con derive patologiche. Conseguenza di entrambi i tipi di "mind game film" è la continua attivazione dello spettatore posto nella condizione di doversi porre domande, fra le altre cose, circa lo statuto ontologico delle immagini che sta vedendo (Realtà? Immaginazione? Passato? Presente? Vita? Morte?). Di queste varie tipologie di mind game movie Christopher Nolan è forse uno degli autori più accreditati, almeno dai tempi di Memento (2000), ma poi dobbiamo citare almeno i suoi tre film che cominciano con la lettera “i” ovvero Insomnia (2002), Inception (2010), Interstellar (2014). Il problema è che una volta che hai cominciato così fai fatica a tornare a modalità narrative tradizionali. O meglio, ancora nei tre film su Batman (2005, 2008, 2012) Nolan cercava di contenere questa spinta diciamo tardo-modernista o post-modernista per obbedire, tutto sommato, alle convenzioni di genere. Ma già Dunkirk (2017), seppur non paragonabile ai quattro film sopra citati, riconvertiva il film di guerra in una struttura di una complessità sopra la media. Arrivato al suo undicesimo film, ovvero appunto Tenet, Nolan alza ancor più l’asticella (il già citato Elsaesser parlerebbe di “self-constraint”, ovvero la sfida di come riuscire a mantenersi fedeli alla propria poetica, al proprio stile, complicandosi ulteriormente la vita) decidendo di servirsi del pattern di un film di genere, diciamo alla James Bond o alla Mission Impossible, con tutte le caratteristiche tipologiche di quei film - ritmo indiavolato, location varie, costose e particolarmente scenografiche, molti personaggi, buoni e cattivi, femme fatale, qui in realtà non così fatale, un tappeto musicale fracassone, etc.- arricchendo questo plot banalmente riconducibile al cinema di spionaggio di una dimensione (inutilmente?) complicata/complessa che attiene alla sfera del tempo, anzi del Tempo, in cui presente e futuro confliggono, in cui si parla di entropia e inversione, in cui per capire (forse?) tutto-tutto, il film andrebbe visto almeno tre volte. Evitiamo per una volta di raccontare la trama, anche perché – se non volessimo limitarci al nucleo fondamentale: un Buono deve salvare l’umanità dal Cattivo – impiegheremmo chissà quanto e lasceremmo comunque molte cose non chiarite. Resta la sensazione che, dietro l’alternanza di action e improvvisi rallentamenti con spiegazioni di stampo gnomico-filosofico, Nolan si sia grandemente divertito a costruire un film dalla struttura palindroma, in cui fino a un certo punto si va avanti e da un certo punto in poi qualcuno torna indietro per fare in modo che il futuro si dispieghi in modo diverso, e da quel momento in poi anche le immagini tornano indietro, con un profluvio di effetti speciali e inversioni concettuali: se resti vittima di un incendio rischi la morte per congelamento. Il titolo Tenet del resto è un palindromo, terza riga del famigerato quadrato di Sator, misterioso e molteplice ritrovamento archeologico anch’esso di struttura palindroma che ha, fin qui inutilmente, sollecitato diverse e contraddittorie interpretazioni da parte degli studiosi. Nel quadrato di Sator, oltre alla parola tenet (terza riga), c’è per l’appunto Sator (nel film il Cattivo, interpretato da Kenneth Branagh che, bravissimo, parla l’inglese dei russi, gli altri attori, Robert Pattinson, John David Washington e Elizabeth Debicki non sono parsi, a dire il vero, particolarmente memorabili), il suo palindromo Rotas (che non mi ricordo più per cosa stesse, forse le navi?), Arepo, artista spagnolo che ha prodotto un finto Goya e, suo palindromo, opera, qui riferimento al teatro d’opera di Kiev da cui tutto parte. Un gioco, insomma, un game, un mind-game.

Tenet: Regia: Christopher Nolan sceneggiatura: Christopher Nolan; fotografia: Hoyte van Hoytema montaggio: Jennifer Lamei; interpreti: John David Washongton (il protagonista), Robert Pattinson (Neil), Elizabeth Debicki (Kat Sator), Kenneth Branagh (Andrei Sator), Himesh Patel (Mahir); produzione: Warner Bros, Syncopyorigine: Usa 2020; durata: 150’.


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