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TFF ’05 - Concorso internazionale lungometraggi - Gravehopping

Pubblicato il 16 novembre 2005 da Carlo Dutto


TFF '05 - Concorso internazionale lungometraggi - Gravehopping

Pero ha trent’anni e vive in un piccolo villaggio della verde e rigogliosa regione slovena del Karst. Si arrabatta scrivendo toccanti e personalissimi discorsi per i funerali, segnati da una poesia naif, zeppi di nonsense, eufemismi e frammenti di una personale filosofia di vita. Gli ingredienti del film balcanico ci sono tutti, dall’ironia sulla morte, che qui assurge a vera e propria protagonista, al personaggio femminile tanto lunare quanto tragico e poetico. La vita nella campagna consolidata da vecchie abitudini collettive e piccole storie personali, il tutto scandito da una rocciosa ironia tipicamente slava che (fortunatamente) sa scherzare con/sulla morte, a partire dai numerosi suicidi e tentati e riusciti che marcano il film, caratterizzati da un distacco che è un’arma contro la paura, precisa il regista Jan Cvitkovic, atipico cineasta laureato in Archeologia e autodichiaratosi fieramente non-cinefilo, già vincitore nel 2001 a Venezia per la miglior opera prima con Bread and Milk. Il film si apre con una frase panteista di J.D. Salinger: ‘Quando avevo sei anni e mi accorsi che Dio era ogni cosa, i miei capelli si rizzarono e guardando mia sorella bere il latte mi accorsi che lei era Dio e il latte era Dio’, chiave di lettura forse un po’ pretenziosa per un film che a volte sembra arrancare a partire dallo sviluppo stesso del plot. Le crudeltà nascoste, sopite, le facciate convenzionali pronte ad esplodere a ogni minima variazione del quotidiano in brutalità grottesche che vorrebbero emulare gli atti di violenza inconsulta tipici dello strabordante ma più controllato cinema di Kusturica. Una pellicola che mostra la sua forte debolezza in una sceneggiatura che spezza l’intreccio in due netti tronconi, eludendo e deludendo nella seconda parte, estenuante anche nella durata, spezzando il filo emozionale e l’intreccio stesso e dissolvendo tutto ciò che era stato sapientemente costruito nella prima. Ne fanno le spese soprattutto i personaggi di contorno, dal barista silenzioso e disilluso alla ragazza che cerca un riscatto da un padre oppressivo e trova conforto nel subire violenza fisica prima di un rapporto sessuale. Fino ad arrivare all’amico disoccupato che ricorda le immersioni subacquee e che troverà la Pace Calda nell’atto del suicidio. Scene di violenza che vorrebbero essere simboliche e grottesche ma che appaiono semplicemente fuori contesto accompagnano la vita del vicino di casa di Pero, giovane e tranquillo perdigiorno che passa le giornate facendo manutenzione alla sua vecchia Cinquecento e guardando i peplum italiani di Maciste. Anche lui cadrà nel gorgo ormai insopportabile e un po’ abusato del suicidio ‘con una ragione’, dopo aver vendicato lo stupro (atroce) della ragazza di cui è innamorato. Toccante risulta la scena del suo funerale, l’unico in cui Pero non riuscirà a sciorinare discorsi o apologhi, forse la parte più bella della seconda parte del film, che presenta (come se non bastasse) numerosi finali telefonati ed elusi. Da una tomba all’altra, traduzione del titolo italiano di Odgrobadogroba, vorrebbe essere una commedia amara che sfocia in tragedia elisabettiana con sangue che sgorga a fiumi come nella recente storia balcanica, evocata in alcune scene iniziali (i funerali con la bandiera, la festa dell’Indipendenza dalla Jugoslavia), ma si esce dalla sala con l’amaro in bocca (ce la rifaremo con un bollito di Carrù e del Barbera) e con un grillo nell’orecchio che bisbiglia Dejà Vu!

[16 Novembre 2005]

(Odgrobadogroba)

Regia, sceneggiatura e produzione: Jan Cvitkovic Direttore della Fotografia: Simon Tansek Musica: Aldo Ivancic Interpreti: Gregor Bakovic, Drago Milinovic, Sonja Savic, Brane Grubar, Mojca Fatur Produzione: Staragara, Propeler Film, Rtv Slovenija, Slovenija Film Fund Origine: Slovenia, Croazia [2005] Durata: 103 min.


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