TFF ’05 - Concorso Lungometraggi 2005 - El barrilete - l’aquilone

L’aquilone è il simbolo dell’infanzia. Un gioco semplice ed affascinante che obbliga a guardare in alto fra le nuvole e regala, a chi lo segue nelle sue evoluzioni aeree, sogni e sensazioni di libertà come solo il volo può far provare. Questo gioco è l’unico segno distintivo della dimensione infantile all’interno del film. In nient’altro i due piccoli minatori si differenziano dagli adulti minatori.
Alessandro Angelini denuncia nel proprio film questa totale negazione dell’infanzia e lo fa utilizzando le storie e i personaggi della realtà stessa. Un giorno incontrò quasi per caso un bambino che era il ritratto della storia che aveva in mente di raccontare sulla disperata situazione nicaraguense.
Enrique, quattordici anni, lavora in una miniera con tutta la famiglia, insieme al fatellino minore. Poiché le condizioni di vita a casa sua sono disperate, un giorno il padre decide di mandarlo in città per cercare il fratello maggiore e lavorare con lui. Egli compie il suo viaggio di formazione vivendo qualche giorno nella pericolosa Managua, capitale del Nicaragua, città grande e caotica, dove i bambini buoni dormono per strada e quelli cattivi, gli “sniffa colla”, si muovono come fantasmi minacciosi e senza scrupoli.
A metà fra il documentario e la fiction, il film di Angelini rielabora eventi della vita reale dei personaggi per scrivere la sceneggiatura. Enrique, quando lo conobbe Angelini, era davvero un bambino che lavorava in miniera; suo padre aveva già affrontato il discorso della partenza con il fratello maggiore e di lì a poco lo avrebbe fatto anche con lui. Il regista scrisse la storia con la continua collaborazione del piccolo protagonista, rispettando i suoi desideri, ascoltando i suoi dubbi e raccontando le avventure che capitavano loro durante questo viaggio verso la maturità. Quando il bambino decise di tornare a casa propria, in miniera, stanco della grande città, al regista sembrò il finale più coerente con la storia e semplicemente lo fece accadere, rispettando la realtà degli eventi, magari solo “aiutandoli” un po’ in fase di scrittura.
Questo "aiutino" è la ragione per la quale il film non si può inscrivere pienamente nella categoria di documentario: tradisce, seppur invisibilmente, il patto fondamentale di fiducia che si instaura al momento della proiezione (secondo il quale il regista si impegna a mostrare solo la verità allo spettatore). Ovviamente la storia dei documentari è piena di eccezioni a questa regola, ma in questo caso il limite è tanto più indefinibile quanto palpabile. L’impressione in alcune sequenze è che siano state “spinte” a rientrare nella logica della funzionalità della sceneggiatura e ciò crea due effetti nella spettatore: il disorientamento causato dall’incomprensione di cosa è reale e cosa no ed il conseguente scetticismo aumentato dalla sensazione di “tradimento” da parte del regista.
Nonostante tutto ciò il film si rivela in tutta la sua poesia nelle scene d’amicizia spontanea fra i bambini, piccole pillole di realtà che illuminano la pellicola come fari nella notte, aiutandoci a continuare a credere nella capacità del cinema di imprimere emozioni evanescenti.
Incredibile il lavoro di pedinamento invisibile da parte del regista. Sa quando farsi da parte, lasciando spazio all’insolente padronanza dei bambini e quando sottolineare con una maggior presenza della macchina da presa i momenti di intimità e commozione.
Il sapore agrodolce del finale ricorda il neorealismo italiano, quando si dava una punta di speranza ad un mondo che sembra averle perse. Divenuto un paese benestante, l’Italia si affaccia sul terzo mondo per raccontare la povertà e le condizioni di vita miserevoli di una società in continua guerra, ma questa volta per la droga e la corruzione.
Di certo Zavattini sarebbe stato contento di sapere che, anche nel nuovo millennio, la sua teoria del pedinamento continua a influenzare i giovani registi.
Regia, sceneggiatura: Alessandro Angelini Fotografia: Joaquín Bergamín Montaggio: Massimo Fiocchi Musica: Andrea Tosi Interpreti: Luis Enrique Urrutia Laguna, Mario José Rizo, Juan De La Cruz Laguna Silva Produttore: Giorgio Gasparini Produzione: Dokufilm Origine: Italia, 2004
