Thank you for smoking

È davvero super il lavoro che fa mio padre, da grande anche io farò il lobbista! Questo sembra essere lo spirito con il quale il giovane Joey Naylor, interpretato da un convincente Cameron Bright, si prepara a diventare grande sotto l’attenta e amorosa guida del padre Nick Naylor (un bravissimo Aaron Eckhart), ‘Mercante di Morte’ per la Big Tabacco.
Tradizionalmente associato agli USA, dove il lobbying ha lunga storia (fine diciannovesimo secolo) e larga diffusione, il lobbismo connota molti altri sistemi politici. La sua crescente importanza è strettamente legata a una fase storica centrata sulla riclassificazione dei rapporti fra Stato e società civile. In questo senso e parlando in generale, la tematica del lobbying è affine a quella centrata su termini - tutti oggi alla moda - come ‘governo per reti’, privatizzazioni, principio di sussidiarietà. Con il termine lobbying si intende quindi l’attività di pressione che grandi gruppi (banche, multinazionali, associazioni di vario tipo...) possono esercitare sulle decisioni dei politici del loro Paese.
Il cinema hollywoodiano si è spesso occupato delle lobby e delle loro pesanti interferenze nella politica e nella giustizia: da Super Size Me a Fast Food Nation (le catene di fast food), Bowling a Columbine e Lord of War (il commercio delle armi), The Insider (le multinazionali del tabacco), Erin Brockovich (gli scarichi abusivi di sostanze inquinanti da parte di una potente industria chimica), L’uomo della pioggia (le assicurazioni). Thank you for smoking, presentato al Festival di Toronto nel 2005 e a gennaio al Sundance Film Festival e opera prima di Jason Reitman, figlio ventinovenne di Ivan Reitman (Animal House, Ghostbusters), ha però qualcosa di diverso. La descrizione che percepiamo del lobbying cambia radicalmente prospettiva e passa dalla parte dei potenti, delle multinazionali, dei cattivi. Il film prende vita dal romanzo omonimo scritto nel 1994 da Christopher Buckley. L’autore, con intenzioni satiriche, denuncia la pratica sempre più diffusa negli Stati Uniti della manipolazione e della falsificazione.
La pellicola, nella quale interi dialoghi del romanzo sono riproposti integralmente, ha come protagonista Nick Naylor, un mago nel campo della manipolazione della parola. È vicepresidente dell’Accademia di Studi sul Tabacco, emanazione diretta delle corporazioni del settore. Il suo lavoro è difendere i diritti dei fumatori e dei produttori di sigarette in una società che li combatte con ogni mezzo. Un lavoro difficile che ha bisogno di una grande dose di cinismo, di determinazione, di disinvoltura. Un lavoro in cui Nick è molto bravo e che lo costringe ad apparire nei talk show televisivi, a combattere un senatore "fanatico e salutista" (William H. Macy, bravissimo) e che lo fa entrare in contatto con il magnate della Big Tabacco (Robert Duvall, perfido) che ne apprezza lo spietato opportunismo e ne incoraggia le iniziative. Anche l’aspetto privato della vita di Nick non è certo cristallino, ma molto vicino all’identikit dell’americano medio. Una moglie da cui è separato ed un figlio che, pur non vedendolo molto e facendo fatica a comprendere il senso della sua professione, è affascinato dalle capacità del padre e lo ammira. Della strettissima cerchia di affetti di un tipo così facilmente condannabile fanno parte due amici (i soli che ha) che, non a caso, lavorano una (Maria Bello) per un produttore di alcolici e l’altro (David Koechner) per un’industria di armi, insieme formano la MDM. Sono loro l’unica valvola di sfogo, le persone con le quali non fingere, con le quali gareggiare, in modo quasi grottesco, su chi uccide indirettamente più persone al mese.
L’arte della persuasione, è questa la materia da cui muove questo film: “Le sigarette sono fighe, facili e danno assuefazione. Praticamente il lavoro è già fatto”. Nick, questo omicida di massa che considera 1200 decessi al giorno per le sigarette un controllo demografico, ha un cuore, ma anche forti convinzioni nichiliste e opportuniste. È un cattivo, lo sa, ma non ne è minimamente pentito. Proprio questo aspetto del personaggio è molto ben delineato dal regista e differenzia il Nick del film dal Nick del romanzo. Una sanguisuga, un magnaccia che mantiene i segreti e distorce la realtà, ma che se argomenta, non ha mai torto. È divertente e istruttivo in tal senso il colloquio con il figlio sul gusto più buono di gelato, se cioccolato o vaniglia. L’importante non è dimostrare di avere ragione, ma riuscire a smontare le posizioni dell’altro a tal punto da screditarne le affermazioni dinanzi agli spettatori: “Cioccolato o Vaniglia? No. Non mi basta solo il cioccolato, io voglio una scelta”.
Aron Eckhart è straordinario nella sua interpretazione per come riesce a concretizzare attraverso le immagini quella morale flessibile che non ci permette di condannarlo totalmente. Nick riesce a conquistare le simpatie del pubblico grazie all’umanità che il regista gli fa esprimere, una differenza enorme con il Nick del romanzo che è un personaggio completamente negativo.
Così scopriamo che un cattivo ama e uccide allo stesso tempo e con la stessa passione: essere vittima di una giornalista senza scrupoli (Katie Holmes), che lo coinvolge in una appassionata relazione di sesso per carpirgli informazioni scottanti, oppure avere un figlio innocente ed ingenuo che ammira il padre e lo sostiene nel momento di difficoltà, umanizza questa arma letale le cui parole sono come proiettili.
Si parla di tabacco per 90 minuti eppure nessun personaggio viene mai mostrato con la sigaretta tra le labbra. È solo uno degli innumerevoli paradossi di questa produzione indipendente che riesce a esprimere liberamente il not politically correct in maniera giustamente irriverente verso i conflitti di interessi, la politica-spettacolo e l’influenza delle lobby sui parlamentari. L’antimorale americana del film è che per produrre distruzione non serve altro che distrazione: in un regime mediale di demagogia generalizzata un’abile parlantina vince sul buonsenso, sulla logica e sulle leggi. Ecco perché Nick è un’arma letale. L’importante non è quello che si racconta, ma come lo si racconta. E Nick è un narratore sopraffino: “Il tumore ai polmoni è controproducente alle vendite di sigarette. La morte ci toglie clienti. Noi vogliamo clienti vivi e fumatori”.
Non preoccupiamoci se alla fine del film, durante i titoli di coda, ci accorgiamo di aver riso a denti stretti riflettendo troppo sul cinismo che pervade l’intera società. La satira, come tutte le cose buone e giuste, nuoce gravemente alla salute.
(Thank you for smoking ) Regia: Jason Reitman; soggetto: Christopher Buckley; sceneggiatura: Jason Reitman; fotografia: Jim Whitaker; montaggio: Dana E. Glauberman; musica: Rolfe Kent; interpreti: Aaron Eckhart (Nick Naylor), Maria Bello (Polly Bailey), Cameron Bright (Joey Naylor), Adam Brody (Jack), Sam Elliott (Lorne Lutch), Katie Holmes (Heather Holloway), David Koechner (Bobby Jay Bliss), Rob Lowe (Jeff Megall), William H. Macy (Senatore Ortolan Finistirre), J.K. Simmons (BR), Robert Duvall (Capitano); produzione: ROOM 9 ENTERTAINMENT, TYFS PRODUCTIONS LLC; distribuzione: LUCKY RED (2006); origine: USA; durata: 92’.
