The Air I Breathe

Quattro istanti, quattro vite, quattro differenti condizioni umane. Quattro storie che si scontrano tra loro, si sovrappongono e si contaminano vicendevolmente. The Air I Breathe racconta il destino dell’essere umano e la sua predisposizione a camminare verso la felicità, il piacere, il dolore e l’amore. Pietre ancestrali che secondo il proverbio cinese al quale il regista Jieho Lee si ispira, caratterizzano la vita e ne formano l’essenza. Forest Whitaker è Felicità, un impiegato di banca che dopo aver casualmente ascoltato una conversazione tra colleghi su una corsa truccata, tenta di cambiare corso alla propria vita scommettendo sul cavallo vincente (?). Piacere, interpretato da Brendan Fraser, è uno scagnozzo del boss “Dita” (Andy Garcia) in grado di prevedere il futuro e portare a termine i suoi crimini con facilità (almeno per il momento). La terza parte racconta la storia di Dolore (Sarah Michelle Gellar) una giovane e acerba popstar la cui carriera finisce, per un debito insoluto, nelle mani di un manager speciale: il boss “Dita”. Solo la vicinanza e l’amore improvviso di Fraser/Piacere sembra riuscire a risollevare l’umore e l’esistenza della giovane cantante (ma si tratta di una illusione temporanea). Il segmento finale, quello che chiude il cerchio, ha per protagonista Amore, un dottore (interpretato da Kevin Bacon) costretto dalle circostanze a dover salvare la vita della donna da sempre amata, quella stessa donna che per uno scherzo del destino è legata sentimentalmente al miglior amico dell’uomo. La rarità del gruppo sanguigno della donna sembra rendere vana ogni speranza di salvezza… fino al momento in cui il destino riserva ad Amore una piacevole sorpresa.
Non convince completamente l’opera d’esordio del regista Jieho Lee. Dopo un discreto ed inaspettato successo raccolto negli Stati Uniti, dove la distribuzione è stata costretta a diffonderlo in molte più copie rispetto alle originali stampate, il film al suo approdo in Italia sembrava destinato quantomeno a suscitare curiosità nel pubblico nostrano. Ed invece dopo i modesti risultati del week-end appena trascorso sembra profilarsi all’orizzonte un esito al botteghino decisamente scadente per un film che, onestamente, non è in grado di sopperire nemmeno da un punto di vista qualitativo. Il risultato finale infatti è un lavoro purtroppo pretenzioso che invece di eccedere in enigmaticità – l’errore forse più prevedibile per un’opera del genere - affonda inesorabilmente nella noia e nella banalità. La struttura a storie intrecciate ereditata dai film di Inarritu, dal Crash di Haggis e nella sua espressione più estrema e sperimentale dal Van Sant di Elephant, viene qui riproposta dal giovane regista americano in una forma assolutamente anonima e svuotata di senso. La grandezza dei film precedenti basata sullo spessore drammatico delle storie, sulla rappresentazione di un destino cattivo e soprattutto su un forte legame causale tra gli avvenimenti raccontati, è lontana anni luce da un’opera che invece dimostra di non possedere alcuno spessore drammatico, che non appassiona lo spettatore e che lo lascia solo, abbandonato nei meandri delle quattro piccole storie raccontate. Storie, tra l’altro, molto poco coinvolgenti e che peccano oltretutto di una sostanziale assenza di comunicazione tra loro. La decisione di dividerle per capitoli, di raccontarle in maniera separata (con solo degli inserti esterni a salvaguardare la vicinanza e la sovrapposizione delle vicende) e non optare invece per un intreccio ininterrotto indebolisce infatti il film più di quanto già non lo sia; lo priva cioè di quella giusta tensione che, in caso contrario, avrebbe potuto raggiungere.
Purtroppo è difficile stabilire cosa sia effettivamente The Air I Breathe, in quanto la sua propensione è quella di essere tante cose ma di non raggiungere l’essenza di nessuna delle proprie aspirazioni. D’altronde un genere così ibrido che mescola insieme al proprio interno un impiegato sfigato in cerca di riscatto (ma perché dovrebbe essere felice dopo aver perso 50.000 dollari, aver rapinato una banca ed ritrovarsi braccato da una armata di forze dell’ordine? Bah…) una popstar stralunata con il suo amore infranto (forse la parte migliore del film, quella che almeno dimostra un po’ più di sincerità e di credibilità nel racconto) un tirapiedi gentiluomo, un po’ cavaliere oscuro e un po’ precog dickiano (forse è un po’ troppo!) e un dottore tanto romantico quanto maledettamente fortunato (altro che amore… esistono anche altri fattori, giusto?) non può pretendere di non trascinare lo spettatore in una condizione di confusione totale, di caos che genera noia. Sensazione, quest’ultima, accentuata ancora di più poi da una vena di insulsa convenzionalità che aumenta con il passare dei minuti e che raggiunge il culmine di mediocrità nella scena conclusiva dell’opera; scena in cui i soldi della rapina lanciati da Whitaker giù dal grattacielo finiscono precisi sul tetto della macchina della Gellar in fuga. Questo sì che è troppo…altro che destino! L’allusione ad altri fattori precedentemente enunciata diventa a questo punto sempre più appropriata. Chissà se il detto cinese non debba essere rivisto?
(The Air I Breathe) Regia: Jieho Lee; soggetto e sceneggiatura: Jieho Lee, Bob DeRosa; fotografia: Walt Lloyd; montaggio: Robert Hoffman; musiche: Marcelo Zarvos; scenografia: Rafael Mandujano; costumi: Michele Michel; interpreti: Kevin Bacon (Love), Brendan Fraser (Pleasure), Forest Whitaker (Happiness), Sarah Michelle Gellar (Sorrow), Andy Garcia (Fingers); produzione: NALA Films, Paul Schiff Productions; distribuzione: CDI; origine: Messico, USA; durata: 95’; web infosito ufficiale
