The Burning Plain (Conferenza stampa)

Il 6 novembre 2008 ha avuto luogo nella lussuosa cornice dell’Hotel Eden di Roma la breve conferenza stampa del film The Burning Plain, diretto dal regista Guillermo Arriaga, sceneggiatore di Babel e 21Grammi. L’autore ha risposto con modestia ed affabilità alle poche domande che gli sono state rivolte.
Il film a Venezia non è stato capito. E’rimasto deluso dall’esperienza veneziana? Quanto contano per lei il giudizio del pubblico e quello della critica?
Il solo fatto di stare a Venezia è stato come vincere un premio: mi ha molto commosso la reazione del pubblico. Le candidature ed i premi sono importanti, ma conta decisamente di più la reazione del pubblico.
Qual è il valore aggiunto che dà uno sceneggiatore al regista?
Lo sceneggiatore può essere un ottimo amico e consigliere del regista. Quando scrivevo la sceneggiatura avevo già in mente il film, ma nel casting mi sono orientato in base alla profondità dello sguardo; nel film nulla doveva distrarre l’attenzione dagli attori, quindi la presenza della macchina da presa non doveva essere ingombrante.
Vorrei un giudizio sull’elezione di Obama.
Ero in Virginia il giorno dell’elezione. Obama è un’icona, e credo che incarni il meglio degli Stati Uniti d’America.
Qual è la sua opinione sulle frontiere?
The Burning plain è il mio secondo film sulle frontiere, il primo è Le tre sepolture: le frontiere stanno cambiando e spero che questo film rappresenti una piccola speranza in questo mondo che cambia giorno dopo giorno. Io appartengo a quella categoria di narratori a cui piace che in un film succedano delle cose. Provengo dalla tradizione shakesperiana e da quella di Faulkner.
Perché in Messico c’è una generazione di registi così vivace e forte?
Il Messico ha una cultura molto profonda e complessa, ma non è mai stata rispecchiata nel cinema perché mancava la fiducia. Quando Amores Perros è uscito nelle sale ha avuto successo perché parlava di storie intime, ed il pubblico lo ha capito.
Un giudizio sulla scrittura del cinema americano di questi anni.
Stiamo perdendo la capacità di avere una comprensione interna del mondo perché ci stiamo alienando sempre più, allontanandoci dalla natura. La forma ha prevaricato la sostanza: questo è il problema della scrittura nel mondo. C’è una grande carenza di buone sceneggiature negli USA, ma non solo lì. Sono cresciuto con molte differenti cinematografie, tra le quali, soprattutto, il neorealismo italiano.
Qual è la sua idea di confine?
Mi piacciono i paesaggi che sono al confine di qualcosa. Anche il mare è un confine. Mi piace molto il confine metaforico tra la vita e la morte perché parlare di confini fisici significa sempre parlare di confini metaforici.
