The canal street madam - Roma 2010 - Extra

Jeanette Maier è una signora di New Orleans.
Vive in una casa come ce ne sono tante in una strada come ce ne sono tante. Ha un bel giardino e dei figli che sono cresciuti, col passare degli anni, sino a diventare giovani adulti pronti ad affrontare il mondo.
Sulle pareti della stanza da pranzo fanno bella mostra delle foto che sono in tutto e per tutto come quelle che trovereste in qualsiasi altra casa: Jeanette da giovane che guarda, fiduciosa, verso la macchina fotografica; la di lei madre, tra colori non troppo sbiaditi; i figli piccoli che aprono i regali per il loro compleanno.
A guardare sotto la televisione trovereste anche qualche vecchia VHS con le riprese, amatoriali, di qualche Natale di tanti anni fa. Riprese traballanti con la voce della mamma che commenta l’azione e aspetta che i bambini facciano qualcosa di memorabile che valga la pena immortalare.
C’è tanto desiderio di normalità, tra le mura di casa Maier, c’è tanta voglia di semplicità e candore.
Un candore che vada oltre le convenzioni e sciolga in un abbraccio infantile un disperato bisogno di amare ed essere amati.
Con quel candore Jeanette guarda al suo passato di prostituta e attraversa quelle stanze che, oltre ad essere quelle di una casa borghese come tante, sono state anche quelle di un bordello.
Eh sì! Perché Jeanette nella sua vita ha fatto una scelta non facile: il mestiere più antico del mondo. Lo ha fatto per tanti motivi, come dice in un’intervista televisiva. Lo ha fatto per i soldi. Lo ha fatto per l’eccitazione di darsi ad un qualcosa di illegale. Lo ha fatto perché sin da giovanissima età ha avuto figli a cui badare. Lo ha fatto per dare una mano ai fratelli.
Soprattutto lo ha fatto perché la mamma le ha insegnato come fare. E successivamente, quando gli affari andavano in un certo modo, ha pensato che anche la figlia potesse dare una mano.
Senza moralismi, senza compatimenti, senza scandalo. Così è stata la vita di Jeanette prima dell’irruzione dell’FBI nella sua casa e così ce la racconta The canal street madam, bella opera prima di Cameron Yates. In fondo, il sesso a pagamento, quando è consenziente è, a tutti gli effetti, un lavoro. E non c’è da piangerci sopra se quella scelta è derivata dal profilarsi a distanza dello spettro della miseria o dall’amara considerazione che si risponde ad un trauma antico, quando Jeanette bambina, fu violentata (stessa sorte toccata poi anche ai di lei figli).
La normalità vive, quindi, nel dolore. Come i fiori di loto fioriscono nel fango e profumano di buono.
Jeanette è stata prostituta, ma è soprattutto una madre. Una donna che piange quando si rivede in televisione, che pensa al bene dei figli anche se gli strumenti a sua disposizione per crescerli si rivelano, a loro modo, più dannosi che altro.
Sicché, per tutta l’ottima prima parte di The canal street madam noi assistiamo ad un carosello di emozioni dove meno ce le aspetteremo. Vediamo fotografie di infanzie lontane, spezzoni di filmini amatoriali, brani di interviste girate sul momento e momenti d’azione che sfiorano il docufiction come quando Jeanette irrompe nella casa del figlio, strafatto di eroina, e in poche mosse mette a posto la situazione come una massaia che riordina un salotto mentre rimprovera il figlio sperando nel suo bene. Soprattutto scopriamo la dignità di una donna che rivendica il diritto alle sue scelte che, nel bene come nel male, restano sue e di nessun altro.
È la parte migliore del film. Quella che scorre via raccontandoci la quotidianità di una vita non facile con uno sguardo che tutto cerca fuorché lo scandalo. L’esatto opposto del modello televisivo del quale siamo maestri e che ci portiamo appresso sino alle più alte cariche dello stato.
Ci fa anzi rabbia che dello scandalo seguito all’irruzione dell’FBI a pagare sia solo Jeanette mentre gli abituali frequentatori della casa son rimasti al posto loro, nel vicinato delle altre case che da lontano giudicano.
Poi, però, inizia la seconda parte del documentario con la descrizione del suicidio di un governatore che, coinvolto nello scandalo, forse è stato vittima di un complotto. E la svolta narrativa, necessaria ai fini del racconto della vita di Jeanette che dallo scandalo è segnata, si rivela uno scivolone profondo che riporta il tutto verso quel sensazionalismo televisivo che era stato, fino a quel momento, miracolosamente evitato.
(The canal street madam); Regia: Cameron Yates; fotografia: Cameron Yates; montaggio: Shannon Kennedy, Sakae Ishikawa; musica: T. Griffin; produzione: Mridu Chandra; origine: USA, 2010; durata: 91’
