The dish

Tutto il senso di The Dish, che esce sugli schermi italiani dopo due anni di congelamento distributivo, lo si trova esemplarmente espresso nella splendida locandina che lo pubblicizza. In essa vediamo, sullo sfondo dell’orizzonte bucolico della ridente campagna australiana e appena di fronte ad un’antenna parabolica di cui non si arriva ad intuire la grandezza (sapremo, poi, nel corso del film, che essa doveva essere grande approssimativamente come un campo da football e del peso stimabile intorno al migliaio di tonnellate) un gruppo di pecore che si muovono con indolenza, del tutto indifferenti alla costruzione ultratecnologica che, solo per un momento, riesce ad interrompere l’uniforme scenario naturale. Una delle pecore, con una certa aria da sorniona commediante, ha preso posto su di un improbabile apparecchio televisivo che sembrerebbe essere il luogo adatto per proseguire la piacevole attività senza fine del ruminio costante dell’erba. Raramente una locandina era stata capace di restituire, con altrettanta immediatezza, tanto il senso ultimo, quanto l’atmosfera di fondo (giocosa e pensosa al tempo stesso) della pellicola che doveva introdurre. Accingendosi ad entrare in sala, lo spettatore penserà certo di trovarsi di fronte ad una piacevole commedia o comincerà, magari, ad aspettarsi un simpatico film con venature fantastiche, ma difficilmente potrà credere, nonostante i tanti riferimenti ad una presunta verità storica, che quello che, alla fine, si trova davanti, per quanto frutto di un abile sceneggiatura, sia una sorta di ricamo narrativo, con personaggi ampiamente inventati, intorno ad uno dei momenti più fondamentali della storia dell’Uomo: l’inizio dell’esplorazione dello spazio ovvero il momento in cui Neil Armstrong mise il piede sulla superficie lunare. Di questo evento epocale il regista e gli sceneggiatori, scelgono di raccontare quello che è forse uno degli aspetti meno noti: i lavori, difficili, problematici e politicamente delicati che resero possibile la trasmissione al mondo delle immagini di quella che resta una delle imprese più straordinarie della nostra storia recente. Non molti sanno, infatti, che, se la diretta televisiva dell’avvenimento fu possibile, ciò dipese prevalentemente dalla preparazione, dalla buona volontà e dalla fortuna di un gruppo di scienziati che, nei pressi di una cittadina australiana (Parkes, nel New South Wales) manovravano quell’antenna parabolica intravista appena sulla locandina, che da sola intercettò le trasmissioni delle immagini catturate da una telecamera situata sul modulo lunare. Tali immagini, rinviate immediatamente alla NASA che provvide alla divulgazione delle stesse alle mittenti del resto del mondo, si sono ormai riempite di storia, mentre quell’antenna che ne permise la ricezione, ancora oggi in uso da parte degli americani, è rimasta poco più che un incidente nell’ordinato passaggio delle greggi. Il film che è stato imbastito intorno a questo momento misconosciuto della storia ha tutte le caratteristiche di una pregevole commedia di scuola inglese. I personaggi, impostati a metà strada tra la realtà colta in punta di immagine e il contorno di una maschera buffa, funzionano egregiamente all’interno di un meccanismo deliziosamente “di genere”. Dopo un inizio semi goliardico con l’immagine caricaturale del premier australiano che fa l’annuncio al Parlamento dell’inizio dei lavori per la costruzione del padellone (il The dish del titolo), il tono generale della pellicola si assesta tra i due estremi della tensione (per i preparativi della missione, rivissuta con massima serietà) e della leggerezza (gli incroci da commedia che governano i rapporti tra i vari protagonisti). Coadiuvato da un cast ispirato (vi spicca Sam Neill in vacanza dai dinosauri di Jurassik Park), il regista Rob Stitch riesce a costruire un’opera certo non geniale, ma sempre splendidamente godibile.
(The dish); regia: Rob Sitch; sceneggiatura: Rob Sitch, Santo Cilauro, Tom Gleisner, Jane Kennedy; fotografia: Graeme Wood; montaggio: Jill Bilcock; musiche: Edmund Choi; interpreti: Sam Neill, Kevin Harrington, Tom Long, Patrick Warburton; produzione: WORKING DOG, DISTANT HORIZON e SUMMIT ENTERTAINMENT; distribuzione: Istituto Luce; Origine: Australia, 2000
[febbraio 2003]
