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The grandmaster

Pubblicato il 8 febbraio 2013 da Matteo Galli

VOTO:

The grandmaster

Chissà se era mai successo che il regista del film di apertura di un festival fosse anche il presidente della Giuria? E’ quanto è successo quest’anno a Berlino. Wong Kar Wai non solo guida la giuria del concorso di questa 63esima Berlinale, composta fra gli altri dalla regista danese Susanne Bier, dal regista tedesco Andreas Dresen e dall’attore Tim Robbins, ma è al tempo stesso il regista di Shanghai presenta qui il suo ultimo film, The Grandmaster, un kolossal costato più di 40 milioni di euro che è già uscito in Cina all’inizio del 2013 e che a Berlino festeggia la sua prima europea. Un film che si porta dietro diverse leggende: progetto protrattosi per almeno cinque anni e più volte interrotto, attori sottoposti a durissimi training di formazione nelle varie tecniche e mosse del kung fu (Tony Leung, forse il più famoso attore asiatico, nonché fido compagno in ben 5 film di Wong Kar Wai, si è fratturato ripetutamente gli arti), condizioni di ripresa proibitive, soprattutto in mezzo alle nevi nel nord del Paese, al punto che gli attori principali - oltre a Tony Leung, anche la star Zhang Ziyi (pur già avvezza, vedi: La tigre e il dragone, La foresta dei pugnali volanti, mentre con Wong Kar Wai aveva girato solo 2046) - hanno dichiarato che per un po’ di action movie non vogliono proprio saperne. Il film dura due ore, ma in origine sarebbe dovuto durare molto di più. E lo spettatore se ne accorge bene. Perché chi non abbia completa dimestichezza con le vicende della storia cinese fra gli anni ’30 e gli anni ’50 del Novecento farà fatica a orientarsi nel film, tante e tali sono le ellissi (e le tecniche allusive) di cui il regista si serve, malgrado le didascalie sovra-impresse e la voce off che qua e là prova a integrare informazioni. Un altro bagaglio che lo spettatore (occidentale) di questo film deve assolutamente portarsi in sala è una conoscenza – e neanche troppo superficiale– del kung fu, altrimenti farà davvero fatica a seguire i molteplici riferimenti alle diverse tecniche. Lo spettatore occidentale, perché quello orientale conosce probabilmente a menadito vita, morte e miracoli di Ip Man, uno dei più famosi maestri di kung fu, che fra i suoi allievi ebbe anche Bruce Lee, di cui qui si narrano le gesta (ma questo non è certo il primo biopic su di lui). Ip Man è tuttavia solo uno dei tre protagonisti di questo film, l’altra protagonista è Gong Er (Zhang Ziyi, appunto), ottima allieva di un padre ormai anziano, la cui “abdicazione” mette in moto la vicenda. Peccato che il padre, per una serie di complessi ragionamenti politico-disciplinari designi, anziché Ip Man, un successore sbagliato. Da qui una serie di peripezie che intrecciano le sanguinose lotte di potere all’interno della lobby dei kung fu master con le altrettanto sanguinose vicende della macrostoria. A più riprese si ha tuttavia la sensazione di assistere a due film piuttosto diversi: quello in cui Wong Kar Wai, non nuovo alla fascinazione per il mondo del kung fu (vedi Ashes of Time del 1994, poi in versione redux del 2008) cerca di mettere alla prova il suo straordinario talento registico, il suo marchio di autore (slow motion, primi piani esasperati, uso espressivo del colore) nelle scene tipologiche dei film di kung fu (mosse, contromosse, acrobazie, finestre sfondate, ossa rotte etc.) per rinegoziare un genere nel quale molto cinema d’autore degli anni ’90 e negli anni Zero ha inteso cimentarsi; e un altro film, quello in cui si riconosce, con un’innegabile, abbondante dose di manierismo, il regista mélo, impagabile manipolatore di colonne sonore, di In the Mood for Love, di cui soprattutto la parte finale sembra riprendere le atmosfere elegiache, nostalgiche. A far da collante a questi due film una certa qual attitudine gnomica, pillole di saggezza, di cui forse si sarebbe anche fatto a meno.


CAST & CREDITS

(Yi dai zong shi); Regia e sceneggiatura: Wong Kar Wai; fotografia: Philippe Le Sourd; coreografia: Yuen Woo-Ping; interpreti: Tony Leung Chiu Wai (Ip Man), Zhang Ziyi (Gong Er), Chang Chen (The Razor), Zhao Benshan (Diang Lianshan); produzione: Jet-Tone Sil Metropole Organisation; origine: Hongkong, China, 2012; durata: 120’.


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