X

Su questo sito utilizziamo cookie tecnici e, previo tuo consenso, cookie di profilazione, nostri e di terze parti, per proporti pubblicit‡ in linea con le tue preferenze. Se vuoi saperne di pi˘ o prestare il consenso solo ad alcuni utilizzi clicca qui. Chiudendo questo banner, invece, presti il consenso allíuso di tutti i cookie



The impossible

Pubblicato il 3 febbraio 2013 da Alessandro Izzi
VOTO:


The impossible

L’horror, per Bayona, più che un genere da frequentare è uno «sguardo» da adottare.
La grammatica dei film di fantasmi e di paura, per lui, è solo un pretesto che sta a monte dell’atto di narrare.
El Orfanato, ad esempio, i suoi spettri che cercavano consolazione li calava nelle tinte fosche e fiammeggianti del melodramma familiare più puro. Più che incutere paura, muovevano a pietà e toccavano, come dita su un’arpa, le corde più dolenti dell’intera condizione umana. Il brivido non era, come spesso avviene in operazioni analoghe, punto d’arrivo del racconto, ma condizione del suo essere. Una delle tre parole, in fondo, con le quali costruire tutto un mondo d’immaginazione che, però, mantiene con quello dello spettatore, un rapporto a suo modo peculiare e ambiguo. Sicché le porte scricchiolanti, i sospiri nelle tenebre, lo sferragliare di catene e il freddo che s’attacca fin dentro le ossa, sono, come in James, atmosfere che nascono dentro al cuore umano. Non cose, ma impressioni che permangono nell’aria lasciando un’eco ch’era cominciato nel più profondo del nostro essere e che lì ritorna a simulare un vuoto che sgomenta.
L’uomo, in fondo, è così piccola cosa nell’economia del Creato. È lui il vero fantasma che abita un’Eternità indifferente. E il suo sforzo è darle un Senso, come un albero che resiste all’onda di mare di uno tsunami.
L’horror, in fondo, è questa onda anomala densa di presagi e di paure. È l’incomprensibile che arriva da dentro il nostro stesso cuore a scuotere le fondamenta sulle quali avevamo avuto l’ardire di costruire le nostre misere esistenze. È un rimosso dolorante, umidiccio e freddo che ci lascia col sospetto che la nostra impronta sulla spiaggia della vita sia così piccola da non reggere al primo bacio di risacca.
A fronte dell’incomprensibilità del creato, l’Uomo può costruire solo piccoli gusci di vita familiare. Affetti leggeri, impalpabili, spesso fondati su piccole bugie, ma che restano veri e saldi fintanto che il Mistero, che sempre preme ai bordi dell’inquadratura, non giunge a reclamare i suoi possessi.
L’horror è come lo tsunami di The impossible. Giunge inatteso, ma dopo aver tanto sussurrato all’orecchio dei sordi. Irrompe nel Creato, inesplicabile, e mangia tutto, riportando l’uomo, in terribile balia dei flutti del caso, nella sua condizione infima nei piani di un creato che non ha mai avuto grandi progetti per lui.
Il mondo di prima, con le villette a schiera, gli alberghi extra lusso e gli ombrelloni al sole cede il posto ad un Reale in cui l’Uomo si fa cosa tra le cose. Trascinata con la stessa indifferente furia con cui vengono portati via alberi e animali.
Le persone, fatte numero e statistica, sono divise dall’orrore, trascinate nel vuoto della perdita di Senso. Accidenti in un accidente più grande.
Poi le acque si ritirano e la paura cessa nel preciso istante in cui un padre trova, con lo sguardo, un figlio o un figlio la madre.
El Orfanato, in fondo, raccontava la stessa storia, solo che lì la madre affrontava il viaggio nel mondo dei morti per andare a prendersi cura, come la Wendy di Peter Pan, di piccoli destinati a non crescere mai più, mentre qui la madre affronta il viaggio inverso, dal mondo delle ombre a quello della luce.
Il Senso, in fondo, è alla fine di entrambe le direzioni e il racconto è poco più che un tunnel che riempie di ansie e di paure il nostro essere al mondo tra l’ignoto della nascita e quello della morte.
The impossibile racconta di una famiglia separata dallo tsunami e dell’incredibile miracolo del ritrovarsi in mezzo a tanta morte. Ma più di tutto racconta lo sforzo di ridare un Senso a un Mondo che, per un momento, ha rivelato all’uomo la sua eterna indifferenza. E quel Senso è un reciproco prendersi cura, un continuo assisterci l’un l’altro sotto un cielo di stelle che, anche da morte, continuano a dar luce al nostro buio.
È, in fondo, questo il miracolo più grande che possiamo aspettarci in queste fredde notti senza luna.
The impossible, finge di essere un film catastrofico esattamente come El Orfanato fingeva di essere un horror. Il film poggia la sua indubbia riuscita sulla solidità di una regia importante e piena e sulle interpretazioni da urlo di Naomi Watts, Tom Holland ed Ewan McGregor. Mentre, come nel precedente film di Bayona, Geraldine Chaplin è la commossa fatina che porta carezze a spianare le ferite più brutte del nostro essere al mondo.


CAST & CREDITS

(The impossible); Regia: Juan Antonio Bayona; sceneggiatura: Sergio G. Sánchez; fotografia: Óscar Faura; montaggio: Elena Ruiz, Bernat Vilaplana; musica: Fernando Velázquez; interpreti: Ewan McGregor, Naomi Watts, Geraldine Chaplin, Marta Etura, Tom Holland; produzione: Apaches Entertainment, Telecinco Cinema; distribuzione: Eagle Pictures; origine: Spagna, USA, 2012; durata: 107’; webinfo: Sito Ufficiale


Enregistrer au format PDF