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THE MOTHMAN PROPHECIES

Pubblicato il 10 maggio 2002 da Alfredo De Giglio


THE MOTHMAN PROPHECIES

In questa inarrestabile ondata di film votati al paranormale, La profezia dell’uomo falena (meglio non aver tradotto il titolo originale) si segnala per la regia di Mark Pellington, autore dell’ottimo ed inquietante Arlington Road.
Al regista piace giocare sul “manifesto” e sul “nascosto”, sulle apparenze che celano realtà incongrue e preoccupanti: come lì era messo in discussione il mito normativo della “bella e buona” famiglia borghese, inserito in un contesto (quello americano) fortemente conformista, qui sono le certezze materiali, tangibili, le nostre coordinate fisiche ad essere sottoposte alla scepsi visiva. “Vedere non significa credere”, dice un professore, esperto in apparizioni paranormali, che, con questo interessante paradosso che stravolge ogni concezione occidentale della religione, riassume il senso del film.
John perde la moglie in un incidente stradale causato da uno strano essere e, oppresso dal dubbio e dal dolore, si ritroverà catapultato in una cittadina di provincia dove il mothman moltiplicherà le sue profezie spargendo morte e dolore.
Pellington manipola uno script fatto di stereotipi (il giornalista addetto all’investigazione che vede crollare le sue certezze; lo sceriffo, donna scettica e pragmatica; il paesotto di campagna, semplice ed omertoso; l’esperto; le voci inquietanti al telefono) immergendoli in una realtà traballante e sfocata dove tutto, anche l’oggetto più familiare, può apparire diverso e sinistro.
Per far questo adotta uno stile tecnicamente simile al videoclip (mondo da cui proviene) con immagini sfocate, incongrue, accelerate o rallentate, riprese da angolazioni insolite (usando più volte lo scavalcamento di campo) e contrappuntate da suoni distorti e ripetitivi, senza alcuna concessione melodica, replicando nello spettatore lo spaesamento e l’angoscia dei protagonisti.
Il regista crea suspense partendo dal quotidiano, dal “solito” (il film parte come una commedia d’amore) per poi sfociare in una tragedia finale (come in Arlington Road) che non crea conferme ma illumina nuovi dubbi, anche sulla stessa esistenza del mothman.
Buon film, dunque (anche non impeccabile sul piano logico-narrativo), con un regista che sa costruire un thriller senza eccessivi citazionismi e con un Richard Gere che si salva dal pericolo del ridicolo, sempre in agguato quando si affrontano certi argomenti (vedi Kevin Costner in Dragonfly).

[Maggio 2002]

regia: Mark Pellington; sceneggiatura: Richard Hatem; fotografia: Fred Murphy; montaggio: Brian Berdan; musica: Tomandandy; interpreti: Richard Gere, Laura Linney; produzione: Tom Rosenberg, Gary Goldstein; origine: USA 2001; durata: 119’; distribuzione: Medusa; web info: sito italiano

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