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THE NEW WORLD

Pubblicato il 13 gennaio 2006 da Giovanni Spagnoletti


THE NEW WORLD

Per ogni cinefilo che si rispetti, il nome di Terrence Malick evoca rispetto sacrale e rappresenta una sorta di garanzia assoluta di qualità - quasi quanto è stato, in forma certo molto superiore, il sommo Stanley Kubrick. E non a caso: al pari del maestro newyorkese, il regista texano è personaggio schivo e di culto, evita come la peste ogni contatto mediatico (non rilascia interviste, non si fa fotografare, ecc.) e in trent’anni di carriera ha realizzato soltanto tre film che hanno lasciato un segno forte, indelebile nella storia del cinema contemporaneo. I primi due risalgono agli ormai lontani anni Settanta: un mitico road-movie Badlands (La rabbia giovane, 1973), sua folgorante opera-prima, seguito dal meno suggestivo Days of Heaven (I giorni del cielo, 1978); poi dopo un silenzio interminabile, nell’ultimo scorcio del Novecento, ha firmato The Thin Red Line (La sottile linea rossa, 1998), un indiscusso capolavoro che ha rivoluzionato e portato nuova linfa al genere del war-movie. E’ dunque con una comprensibile emozione, mista a curiosità, che si aspettava questa sua ultima fatica, per altro incentrata su un argomento tanto affascinante ed archetipo quanto avvolto in un alone di leggenda: la celebre storia d’amore tra la principessa indiana Pocahontas (una straordinaria Q’Orianka Kilcher, al debutto sullo schermo) e il Capitano inglese John Smith (Colin Farrell, un po’ bamboleggiante) nella selvaggia Virginia dell’inizio del Seicento, con tanto poi di appendice finale in Inghilterra.
Per cercare di capire meglio The New World, adesso in uscita in Italia prima di approdare (fuori concorso) nell’arengo internazionale del prossimo Festival di Berlino, vale la pena di riguardare indietro e riflettere sulla rarefatta filmografia di Malick. Per scoprire infatti che il nostro cineasta-filosofo lavora per coppie di film: crea prima una opera-modello e poi ci costruisce sopra a distanza di (relativo) poco tempo dei successivi e meno efficaci “paralipomeni”. Così è stato per il ribellismo giovanile nel duo filmico Badlands/Days of Heaven, così sembra ripetersi oggi con The New World che riprende esplicitamente dal precedente capolavoro l’impianto metafisico, il tono disperatamente romantico e soprattutto i grandi interrogativi sull’Uomo, oltre che al conflitto centrale - tanto presente ed assillante nella cultura americana - tra civiltà (o a dir meglio, civilizzazione) e wilderness. Pur distanziandosi esplicitamente dal pulviscolo caleidoscopico di personaggi di The Thin Red Line - qui, invece, la coppia di protagonisti ha un rilievo diegetico decisivo - molti ancora sono i punti di contatto trai due film. Per esempio l’uso di rumori e suoni impercettibili, il moltiplicarsi delle voci fuori campo come momento di riflessione teorica, l’attenzione estrema al dettaglio dei corpi e dello spazio o ancora la straordinaria rarefazione dell’immagine che viene prosciugata sino a diventare un’ icona. Solo che nell’ultima sua opera, Malick appare più schiavo che sovrano di questo metodo, con il pericolo, non sempre evitato, di cadere in una sorta di colto accademismo, di perfezionismo un po’ noioso e fine a se stesso. Tale ci sembra per esempio la ricostruzione, minuziosa e filologica quanto si vuole ma sterilmente inerte, della natura incontaminata di 4 secoli fa che, a confronto, ci sembra più drammaturgicamente esangue di quella, forse meno precisa ma certo più suggestiva, consegnataci da Werner Herzog in Aguirre, altro film su conquistatori europei e wilderness. Altrettanto poco efficace appare poi un’ulteriore intuizione poetica, quella della descrizione della vita nella colonia-forte di Jamestown, il luogo d’approdo degli inglesi poi attaccato dagli indiani, che solo a tratti assurge a figurazione degradata dei fantasmi della colonizzazione bianca, lo specchio della loro peggiore coscienza morale. Per la seconda volta, dunque, il regista americano sceglie l’incontro-scontro tra civiltà diverse e la guerra come una feritoia da cui spiare la moralità dell’Uomo e interrogarsi sulla bellezza e la distruzione del nostro pianeta. Quando The New World centra tale obiettivo, il film diventa allora un sommesso e straordinario oratorio sull’Abisso che ci circonda, riconfermando nel suo autore il grande filmmaker che conosciamo. Purtroppo, a differenza del passato, Malick ci riesce solo a tratti, ma quando ciò accade, la grande magia del cinema diventa tanto palpabile da toccarsi letteralmente con mano.

(Id.) Regia e sceneggiatura: Terrence Malick; fotografia: Emmanuel Lubezki; montaggio: Richard Chew, Hank Corwin, Saar Klein, Mark Yoshikawa; musiche: James Horner; scenografie: Jack Fisk; costumi: Jacqueline West; interpreti: Colin Farrell, Q’Orianka Kilcher, Christian Bale, Christopher Plummer, August Schellenberg; produzione: Sarah Green per New Line; origine: USA, 2005; distribuzione: Eagle Pictures; durata: 151’; web info: Sito italiano

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